Mio padre malato di Sla privato del suo medico di fiducia

La dignità di un uomo cessa nel momento in cui la sua vita volge al termine e, forse, neanche in quell'istante

mercoledì 11 dicembre 2013

LETTERA ALLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

Comincio così questa lettera, perché è proprio la dignità il problema troppo spesso trascurato. Sono una ragazza di 25 anni e da quasi quattro ormai, vivo accanto a papà affetto dalla tanto triste e nota SLA. Sarebbero necessarie pagine del vostro giornale per raccontare quanto il cuore diventa pesante, schiacciato dalle mille responsabilità e dalle innumerevoli paure che si affrontano a fianco di questa malattia.
Qui però mi limito a denunciare un fatto, a parer mio, increscioso che ci ha fatto soffrire a causa di amministratori che nella foga di adempiere ai loro presunti doveri, troppo spesso si dimenticano cosa vuol dire la sensibilità e l'attenzione alle problematiche di chi, già si è visto strappare una vi. normale. Per la sua malattia il mio papà dal 2011, è portatore di tracheoto., scelta difficile ma inevitabile. Ora dipende da un respiratore, unica decisiva macchina che ne consente la vita  
Ogni due mesi il mio papà si trova ad affrontare il delicatissimo cambio della cannula tracheostomica.
Questa sostituzione, da due anni veniva eseguita a casa da uno specialista legato da una convemione con la A.S.L. grazie alla sua lunga esperienza a domicilio. È una procedura che toglie a papà per alcuni minuti la facoltà di respirare: si può ben immaginare che questo voglia dire per il paziente porre, senza riserve, la propria vita nelle mani dell'esperto anestesista. Grazie anche alla disponibilità telefonica continua, lui è diventato il nostro medico di fiducia, persona su cui poter contare nei momenti più difficili della malattia, per avere risposte concrete alle innumerevoli domande che noi famigliari ci poniamo, specie con l'avanzare della Sla.

Per noi e per papà quel dottore è diventato un punto fermo.

Purtroppo da qualche mese, senza preavviso e senza sottoporre la questione all'attenzione dei famigliari  e dei pazienti stessi la ASL ha, senza motivo, interrotto la convenzione con l'anestesista che ci seguiva da ormai ha anni. Ho deciso di rendere pubblico ciò perché non può passare inosservata la poca sensibilità e considerazione nei confronti dei pazienti che usufruivano di questo servizio, senza mai problemi. Sono davvero rammaricata e delusa dal fatto che, nonostante si parli tanto di diritti del malato, non si rispetti neanche il più basilare di questi: «il diritto di esercitare la facoltà di scelta dei medici» in base alla loro esperienza.
Ho visto mio padre piangere perché si è sentito perso, abbandonato . chi doveva decidere per il suo bene. L'ho visto arrabbiato perché nessuno ha domandato a lui come si trovasse con quel dottore, prima di sciogliere la convenzione. Mio padre non può più muoversi, non si esprime più attraverso la parola, ma è ancora vivo e proprio per questo gli deve essere riconosciuta la dignità che merita.

La Asl Bari dovrebbe comunicare personalmente al paziente la possibilità di un cambiamento così delicato. L'obiettivo deve rimanerere «il bene e la serenità del paziente». Spero che queste queste mie parole passano smuovere le coscienze di chi amministra a prescindere dalle proprie questioni personali

Chi ha il compito delicato di amministrare deve poter anteporre il concetto di dignità del malato rendendo la vita della sua famiglia più serena e ciò può avvenire attraverso dei servizi sanitari gestiti da persone esperte e senza oneri per l'utenza. 
Le scelte aziendali vanno supportate dalla sensibilità di chi le adopera, altrimenti si corre il rischio di divenire perfetti esecutori, aridi di sentimenti, incapaci di svolgere il proprio vero compito di curare l'uomo, come il mio papà uno dei tanti, in condizioni di amara fragilità.

Valentina Marchitelli (Putignano)

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