Seu, i casi salgono a 16. Ma non si fugge

L'ultimo nel Salento, a Calimera: i turisti, però, restano L'assessora Gentile: «Escludiamo il mare dalle cause»

mercoledì 21 agosto 2013

Francesca Mandese (Corriere del Mezzogiorno)

LECCE — L'ultimo caso è dello scorso lunedì sera, a Calimera, nel basso Salento; il primo, a San Marco in Lamis, nel Foggiano. La Seu, sindrome emolitico-uremica, sta attraversando la Puglia da Nord a Sud colpendo soprattutto i bambini. Sedici i casi registrati dal 4 di giugno, 14 bambini dai 10 ai 36 mesi, un ragazzo di 15 anni e un adulto. Nessuna certezza su come si diffonda il virus e da quali alimenti o situazioni di rischio ci si debba guardare per evitare una patologia che, nell'arco di un anno, colpisce poche migliaia di persone in tutta l'Europa e che in Puglia sta facendo un registrare un picco particolarmente preoccupante. L'ultimo caso, dunque, si è verificato a Calimera. Una bambina di appena undici mesi è stata portata, lunedì sera, nell'ospedale «Panico» di Tricase con i sintomi che molti ormai hanno imparato a riconoscere: diarrea spesso caratterizzata da presenza di sangue nelle feci, vomito e dolore addominale. I medici hanno subito capito che poteva trattarsi di sindrome emolitico-uremica e, già ieri mattina, hanno fatto trasferire la piccola nell'ospedale pediatrico «Giovanni XXIII» di Bari, da dove è partito l'allarme e dove è ricoverata la gran parte dei bambini colpiti dalla Seu. Nei giorni precedenti, altri 15 casi. Sette piccoli pazienti sono già stati dimessi, tre sono in dialisi, ma non in pericolo di vita, altri sei sono ricoverati nel reparto di Medicina per gli ultimi accertamenti prima delle dimissioni. Solo due adulti, quindi, e tanti bambini molto piccoli. Sono proprio loro, infatti, i soggetti più a rischio, l'anello debole di una catena epidemica della quale è ancora difficile individuare le connessioni. Dalle informazioni raccolte attraverso le dichiarazioni dei genitori, i bambini colpiti da Seu avevano mangiato frutta (anguria, in particolare), latticini e insalata. In alcuni casi, i piccoli erano stati imboccati dopo che il genitore era venuto in contatto con la carne, magari quella che imbottiva un panino acquistato in uno dei tanti baracchini che riempiono le strade pugliesi durante l'estate. Insomma, troppi elementi, ma nessuna certezza, se non quella che non è dall'acqua di mare che arrivano i batteri. Forse, più probabilmente, dai pozzi da dove si attinge l'acqua di irrigazione dei campi coltivati, ma i controlli sono ancora in corso. Eppure nei giorni scorsi si era diffusa la voce che a favorire il contagio potesse essere proprio l'acqua di mare. Una circostanza che aveva fatto temere lo svuotamento improvviso delle località balneari e un fuggi-fuggi dei turisti dalla Puglia. In realtà, questo non è avvenuto, come conferma Fabrizio Santorsola, vice presidente regionale di Assobalneari Puglia, federata a Federbalneari, e titolare della spiaggia e ristorante «Santos» di Savelletri, sul litorale di Fasano. «I nostri ospiti, e quelli degli stabilimenti che aderiscono all'associazione — dice — non hanno manifestato alcun timore. C'è, forse, più preoccupazione per l'alga tossica e per le notizie che la vorrebbero presente nelle acque del litorale monopolitano. Siamo tranquilli perché l'Arpa esegue prelievi, analisi e controlli ogni quindici giorni e ci comunica i risultati nel giro di 2-3 giorni. Fino a oggi, i valori sono tutti nella norma. Questa è zona di bandiere blu e le amministrazioni locali hanno imparato, negli anni, quanto sia importante conservare questo riconoscimento. Fanno di tutto, quindi, per mantenere i depuratori in piena efficienza e per impedire che ci siano scarichi non autorizzati. L'unica cosa della quale preoccuparsi — solo relativamente — è un po' di mucillagine che alle volte viene trasportata dalla corrente, ma che i venti da Nord, predominanti sulla costa adriatica, allontanano dal litorale con altrettanta rapidità». Nessun allarme nemmeno nelle macellerie e nei ristoranti. Lo assicurano le aziende che riforniscono la gran parte degli esercizi dei comuni pugliesi. «Niente di tutto questo — dicono quasi all'unisono — commercianti di carne e titolari di ristoranti non hanno manifestato alcun timore e nemmeno ne sono stati riferiti da parte dei clienti». Assicurazioni arrivano anche dall'assessora regionale al Welfare, Elena Gentile: «Stiamo monitorando l'intero territorio regionale. Con i prelievi e le campionature fatte una cosa la possiamo dire con assoluta certezza: escludiamo le acque delle zone balneari e balneabili dalle possibili fonti di contaminazione perché tutti i prelievi sono risultati negativi al coli-patogeno». In attesa, quindi, di conoscere l'origine e il mezzo di diffusione della malattia, non resta che seguire poche, basilari regole: lavare bene le mani e gli utensili dopo il contatto con gli alimenti, evitare il consumo di carne poco cotta (specialmente macinata o il carpaccio), assumere acqua potabile, non consumare latte crudo non pastorizzato. Francesca Mandese


Germinario: «E ora aspettiamoci altri contagi» «Abbiamo allertato i Nas, stiamo controllando le acque di pozzi e cisterne»

Parla l'esperta La responsabile del centro epidemiologico pugliese: «Bisogna attendersi ulteriori episodi, c'è il rischio di diffusione».
Vincenzo Damiani

È forse ancora presto per parlare di epidemia, 16 casi su una popolazione di circa cinque milioni di persone (turisti compresi) non sono sufficienti. Ma, a sentire gli esperti, bisogna attendersi «altri episodi e un rischio di diffusione del contagio». A mettere in guardia i pugliesi è la professoressa di Igiene pubblica, Cinzia Germinario, responsabile del centro epidemiologico pugliese. In questa estate 2013 sta seguendo l'evolversi della situazione legata alla comparsa della Seu, la sindrome emolitico-uremica che sta colpendo soprattutto i bambini più piccoli, quelli tra i 10 e i 36 mesi. Professoressa, avete scoperto l'origine del focolaio? «Purtroppo non ancora, altrimenti saremmo già tutti di nuovo in vacanza...». Oltre al ministero, avete allertato anche i Nas e le autorità giudiziarie? «Certo, anche i carabinieri del Nas che ci stanno aiutando nei controlli». Che tipo di esami state eseguendo? «Ci sono verifiche a tappeto su tutto il territorio, in particolare stiamo analizzando alcuni prodotti alimentari che potrebbero aver causato l'infezione, come ad esempio carne, verdura, frutta, latte e i suoi derivati. I controlli, poi, riguardano anche le acque dei pozzi e delle cisterne. Escludiamo che l'infezione derivi dal contatto con l'acqua potabile e dei mari, i risultati sono negativi». E, allora, qual è la causa? «Al momento non è stato possibile individuare un elemento comune nei pazienti che con sicurezza possa essere isolato e indicato come il principale agente». C'è un'area più colpita? «Anche in questo caso non siamo stati fortunati. Abbiamo provato a delimitare delle zone, ma la situazione è a macchia di leopardo. Non c'è un'area dove si concentrano gli episodi di contagio, in tutte le province c'è stato almeno un caso e non registriamo più di due eventi per ogni Comune. Il primo paziente è stato segnalato a San Marco il Lamis, centinaia di chilometri di distanza dall'ultimo, a Calimera». Il contagio potrebbe diffondersi? «Sì, certo, il rischio c'è e l'abbiamo già messo in preventivo». I nostri ospedali sono pronti a una eventuale emergenza? «La situazione è sotto controllo, non c'è alcun allarme. Siamo attrezzati e poi, tenga conto, che sette pazienti sono stati già dimessi e altri torneranno a casa tra qualche ora". Come si può prevenire il contagio? "Seguendo le normali regole igieniche: lavare spesso le mani, la frutta e la verdura; igienizzare gli utensili dopo l'uso, non mangiare cibi crudi e non lasciarli fuori dal frigo con le alte temperature, non consumare latte crudo non pastorizzato». Vincenzo Damian

Altri articoli sull'argomento