Cassazione: No all’IRAP per il MMG convenzionato che si avvale delle prestazioni di una segreteria

L'apporto di un collaboratore che apra la porta o risponda al telefono rientra nel minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività

mercoledì 24 dicembre 2014

Fonte FNOMCeO Sentenze

La Corte di Cassazione ritiene che il "fatto indice" costituito dall'avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui non possa essere considerato di per sé solo - secondo un giudizio aprioristico che prescinda da qualunque valutazione di contesto e da qualunque apprezzamento di fatto in ordine al contenuto ed alle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa - manifestazione indefettibile della sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione. Pertanto l'apporto di un collaboratore che apra la porta o risponda al telefono, mentre il medico visita il paziente, rientra, secondo l'id quod plerumque accidit, nel minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività professionale (sentenza nr. 26991/14). 

FATTO: L'Agenzia delle Entrate ricorre contro il dott. R.L., medico di medicina generale convenzionato con il servizio Sanitario Nazionale, per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha affermato il diritto del contribuente al rimborso dell'IRAP versata per gli anni 2004/2007 (ad eccezione del versato a titolo di primo acconto 2004, in ragione della maturata decadenza), ritenendo che non ricorresse il presupposto impositivo in quanto "l'essersi avvalso delle prestazioni di una lavoratrice dipendente addetta alla segreteria, unitamente all'avere utilizzato i locali e gli altri beni strumentali necessari, non realizza quel quid pluris richiesto ai fini IRAP". Il ricorso si fonda su un solo motivo, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 3 D.Lgs. n. 446/1997 (art. 360 c.p.c., n. 3), censurandosi la sentenza gravata per aver escluso che nella specie ricorresse il presupposto impositivo IRAP, nonostante che il contribuente si avvalesse, nell'esercizio della propria attività, di una lavoratrice addetta alla segreteria. Il contribuente non si è costituito in sede di legittimità. La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 4 dicembre 2014, per la quale non sono state depositate memorie. 

DIRITTO: La Corte di Cassazione ritiene che il "fatto indice" costituito dall'avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui non possa essere considerato di per sé solo - secondo un giudizio aprioristico che prescinda da qualunque valutazione di contesto e da qualunque apprezzamento di fatto in ordine al contenuto ed alle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa - manifestazione indefettibile della sussistenza del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione. Proprio dalla natura reale, e non personale, dell'imposta - sottolineata nella sentenza C. cost.n. 156/01, laddove si evidenzia che la stessa "colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate" - discende infatti che la nozione di autonoma organizzazione si definisce, come emerge dagli stralci giurisprudenziali sopra trascritti, in termini di "contesto organizzativo esterno", diverso ed ulteriore rispetto al "mero ausilio della attività personale" e costitutivo di un "quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista". Alla stregua delle considerazioni che precedono non può quindi condividersi l'assunto - sul quale si fonda il ricorso della difesa erariale - secondo cui incorrerebbe nel vizio di violazione di legge (D.Lgs. n. 446 del 1997,art. 2) la negazione del presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione in capo ad un medico di medicina generale convenzionato con il servizio sanitario nazionale che si avvalga "delle prestazioni di una lavoratrice dipendente addetta alla segreteria". Come infatti questa Corte ha già avuto modo di precisare nella sentenza n. 22024/13, "l'automatica sottopozione ad IRAP del lavoratore autonomo che disponga di un dipendente, qualsiasi sia la natura del rapporto e qualsiasi siano le mansioni esercitate, vanificherebbe l'affermazione di principio desunta dalla lettera della legge e dal testo costituzionale secondo cui il giudice deve accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatore ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, tale da escludere che l'IRAP divenga una (probabilmente incostituzionale) tassa sui redditi di lavoro autonomo". Pertanto - premesso che, in linea astratta, non può affermarsi che l'apporto fornito all'attività di un professionista dall'utilizzo di prestazioni segretariali costituisca di per se stesso, a prescindere da qualunque analisi qualitativa e quantitativa di tali prestazioni, un indice indefettibile della presenza di un'autonoma organizzazione, dovendosi al contrario ritenere che l'apporto di un collaboratore che apra la porta o risponda al telefono, mentre il medico visita il paziente o l'avvocato riceve il cliente, rientri, secondo l'id quod plerumque accidit, nel minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività professionale - compete al giudice di merito apprezzare, con un giudizio di fatto, se nel caso concreto, per le specifiche modalità qualitative e quantitative delle prestazioni segretariali di cui il professionista si avvale, le stesse debbano giudicarsi eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività professionale. 
a cura di Marcello Fontana - Settore Legislativo FNOMCeO

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