Guerra aperta al diabete
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Piano nazionale diabete. Ecco cosa cambierà nell’assistenza (Healthdesk)
lunedì 11 febbraio 2013

Tre concetti chiave: prevenzione, qualità dell’assistenza omogenea su tutto il territorio nazionale, assistenza organizzata a più livelli di complessità collegati in rete.
Questi i capisaldi del Piano Nazionale diabete che con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale vede ufficialmente la luce.
Il piano risponde ai recenti indirizzi del Parlamento Europeo che il 14 marzo 2012 aveva invitato gli Stati membri a dotarsi di questo strumento per far fronte alla pandemia del diabete.
Il numero di persone con diabete è in aumento in tutto il mondo. E il nostro Paese non è da meno a causa dell’aumento dell’obesità (soprattutto infantile), della perdita delle tradizioni alimentari (dieta mediterranea), della riduzione dell’attività fisica e dell’aumento della sedentarietà. Attualmente il numero di persone con diabete è di 3 milioni. La malattia è soprattutto diffusa tra le classi meno abbienti e al Sud. Nel 2009 il diabete è stata causa diretta di 21 decessi ed è stato tra le cause di altre 72 mila morti. Inoltre, le persone con diabete hanno una probabilità doppia di necessitare di un ricovero ospedaliero rispetto alla popolazione generale.
Prevenzione - «Un’efficace prevenzione è fondamentale per ridurre l’impatto del diabete sull’individuo e sulla collettività. Questa azione non può non partire che da un miglioramento della consapevolezza dei rischi ma anche delle possibilità di prevenzione a livello di popolazione generale», ha spiegato il presidente della Società italiana di diabetologia Stefano Del Prato. E proprio la prevenzione è il primo elemento su cui mette l’accento il Piano, ribadendo la necessità di un’efficace opera di prevenzione del diabete e delle sue complicanze come già era stato sancito dalla Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010.
«Il Piano nazionale diabete rappresenta un importante punto di riferimento di queste azioni che auspichiamo vengano attivate a tutti i livelli a partire dalle generazioni più giovani che sono quelle a rischio di pagare uno scotto maggiore», ha aggiunto Del Prato.
Qualità omogenea - Altro aspetto su ribadito dal Piano è il superamento delle differenze territoriali nell’assistenza. Paradossalmente, infatti, in media, laddove esiste una maggiore prevalenza della malattia vi è anche un minore livello della qualità dell’assistenza.
È perciò essenziale omogeneizzare le azioni regionali e locali fornendo indicazioni per il miglioramento della qualità dell’assistenza, in linea con l’evoluzione registrata in ambito scientifico e tecnologico e con nuovi modelli organizzativi diffusi in vaste aree del territorio.
Un obiettivo, questo, che può essere raggiunto soltanto avendo cifre affidabili sul fenomeno diabete. «La necessità di un registro certo che monitorizzi in modo adeguato prevalenza e bisogni per la gestione delle persone con diabete – ha affermato Del Prato – deve essere considerato prioritario nell’ottica di un processo di omogeneizzazione sul territorio nazionale. Una figura rinnovata di specialista in diabetologia capace di svolgere il ruolo di riferimento nella rete di gestione della patologia diabetica diventa essenziale ai fini dell’adeguamento degli standard di cura con l’evoluzione scientifica e organizzativa».
Rete - Infine, il Piano pone l’attenzione sull’organizzazione dei servizi. In particolare si afferma la necessità di implementare un modello di sistema integrato, articolato in più livelli di complessità, ma connessi tra loro in rete, che valorizzi sia la rete specialistica diabetologica sia gli attori dell’assistenza primaria.
«L’obiettivo – ha spiegato Del Prato – è quello di porre la persona con diabete in una posizione centrale a un processo capace di rispondere ai vari di gradi di complessità che la situazione clinica presenta. Una specie di griglia che scorre attorno alla persona con diabete per bloccarsi là dove l’esigenza emerga».
Redazione
11 febbraio 2013 - 17:52
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