Ferro endovena: attenzione alle reazioni allergiche

L’EMA mette in guardia. Possibili reazioni allergiche: cautela a ogni somministrazione, anche se le precedenti non hanno dato problemi

mercoledì 03 luglio 2013

Fonte Healthdesk

 [1/7/2013] 
Per chi soffre di carenza di ferro e anemia di gravità tale da non essere sufficienti gli integratori di ferro per via orale e fa ricorso quindi a iniezioni endovenose, arriva una nuova allerta dall’Agenzia europea del farmaco: attenzione al rischio di reazioni allergiche. 

Il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Ema ha infatti completato la revisione di questa categoria di farmaci concludendo che i loro benefici sono maggiori rispetto ai rischi, purché siano adottate misure adeguate per ridurre al minimo il rischio di reazioni allergiche.

Il Chmp ha evidenziato che tutti i medicinali contenenti ferro per via endovenosa presentano un limitato rischio di causare reazioni allergiche che possono essere pericolose per la vita se non trattate tempestivamente. Pertanto occorre mettere in atto misure per garantire la diagnosi precoce e la gestione efficace delle reazioni allergiche che potrebbero verificarsi. 

L’agenzia europea avverte che i preparati a base di ferro devono essere somministrati esclusivamente in un contesto dotato di strutture di rianimazione, in modo che i pazienti che sviluppano una reazione allergica possano essere immediatamente trattati. 

Inoltre il Chmp ha bocciato la pratica corrente di somministrare preliminarmente al paziente una piccola dose di prova: non è affidabile per prevedere la risposta del paziente dopo la somministrazione di una dose completa. 

Dunque, niente dose di prova, ma dose intera osservando massima cautela con ogni somministrazione endovenosa dal momento che la reazione allergica può manifestarsi anche in quanti hanno ben tollerato le somministrazioni precedenti.

Attenzione massima va prestata in gravidanza: in questa fase della vita le reazioni allergiche possono mettere a rischio sia la madre che il nascituro. 

I medicinali contenenti ferro per via endovenosa non devono pertanto essere usati durante la gravidanza se non strettamente necessario. Il trattamento deve essere limitato al secondo o terzo trimestre di gravidanza, a condizione che i benefici del trattamento superino chiaramente i rischi per il nascituro. 

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