"No all'aumento dei posti a Medicina senza aver prima azzerato l'imbuto formativo"

Si rischia di avere medici condannati a un futuro fatto di precariato, di inoccupazione, di disoccupazione.

martedì 16 giugno 2020

Undicimila tra borse di specializzazione e quelle per la Medicina generale, a fronte di ventiduemila potenziali candidati. Sarebbe questo il numero di accessi concordato con le Regioni ai percorsi formativi post lauream. I rimanenti undicimila medici, già laureati e abilitati? Prigionieri, a tempo indefinito, dell’imbuto formativo, il collo di bottiglia tra la laurea e la specializzazione. Condannati a un futuro fatto di precariato, di inoccupazione, di disoccupazione.

Oppure, a fuggire all’estero, per specializzarsi e poi cercare un posto a condizioni economiche e lavorative migliori. E alla fine di tutto, è l’Italia a saldare il conto. Un conto salato. Dal punto di vista finanziario, perché i 1500 medici che ogni anno vanno a specializzarsi all’estero costano al paese che li ha formati oltre 225 milioni. E dal punto di vista sociale: a fronte di migliaia di giovani laureati e poi condannati al precariato, abbiamo migliaia di mancati specialisti, che non andranno a sostituire quelli che vanno in pensione. Con conseguenze negative sulla rete di assistenza ai cittadini. 

“In questo scenario, già grave di per sé, abbiamo notizia che il Ministero dell’Università avrebbe intenzione di aumentare a tredicimila gli accessi alla facoltà di Medicina, a fronte dei diecimila dello scorso anno – segnala il Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (FNOMCeO), Filippo Anelli -. Sarebbe, questa, una decisione che, nel contesto attuale, andrebbe drammaticamente a ingrandire, tra qualche anno, l’imbuto formativo, rendendo la situazione ingestibile e irrecuperabile”. 

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