Accordo sulla nuova remunerazione dei farmaci: da gennaio più cari i prodotti sotto gli 8,32 euro
(Sara Todaro: Sole24ore)
venerdì 19 ottobre 2012
La cardioaspirina oggi costa 2,4 euro; da gennaio potremmo pagarla più del doppio: 4,14 euro, per un aumento del 72%. Peggio ancora il Lasix, diuretico di lungo corso: oggi 1,73 euro, tra due mesi 3,67 e l'aumento sarebbe del 113%. Per non parlare della metformina (anti diabetico) che passando da 1,27 a 3,46 euro totalizzerebbe un aumento del 172%. E così a seguire, per una serie di farmaci di uso comune e dal prezzo basso o bassissimo. Secondo i primi calcoli il break-even sarà a quota 8,32 euro: tutti i prezzi inferiori sono destinati a salire; quelli più alti a scendere. Dovrebbe essere questo il primo eclatante effetto del nuovo modello di remunerazione della filiera farmaceutica (farmacisti e grossisti), oggetto di un accordo richiesto dalla spending review e raggiunto martedì al tavolo istituito presso l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa)con le associazioni di categoria: Federfarma, Assofarm, Adf, Federfarma servizi. Lo stesso accordo annuncia l'avvento dei nuovi listini da gennaio 2013, quando cadranno anche tutti gli sconti e le trattenute su quanto dovuto dal Ssn alle farmacie. L'intesa – da realizzare secondo la spending a invarianza dei saldi di finanza pubblica – prevede per le farmacie una quota fissa (il fee for service riconosciuto per la prestazione professionale) di 2,0 euro a confezione al netto dell'Iva; una quota premiale di 10 centesimi a confezione per i medicinali generici o a brevetto scaduto (equivalenti) e una quota percentuale del 3,30% del prezzo ex factory al netto dell'Iva. Il fee sarà elevato del 18% per le farmacie rurali sussidiate con fatturato inferiore a 258.228,45 euro e del 17,5% per le farmacie con fatturato inferiore a 387.342,67 euro. Per i grossisti, invece, è prevista una quota fissa pari a 25 centesimi a confezione per i medicinali con prezzo inferiore a 25 euro e di 35 centesimi a confezione per i medicinali con prezzo superiore a 25 euro, che assorbono una quota inferiore di mercato. Fissata invece allo 0,55% la quota percentuale a valere sul prezzo ex factory al netto dell'Iva. Perché diventi operativo l'accordo deve però incassare la ratifica degli organi collegiali delle parti in causa. In più dovrà essere accolto dalla Conferenza Stato-Regioni e dovrà essere adottato con un provvedimento interministeriale Salute-Economia. C'è tutto il tempo, quindi, per fare conti, che già a occhio rischiano di non tornare. E su cui l'Economia sarà vigile. Gli aumenti (1-2 euro) riguarderebbero la fascia dei medicinali a prezzo più basso (sotto gli 8,32 euro), mentre diminuirebbero quelli di prezzo superiore. Il problema è però che a salire sarebbero proprio i prodotti che nella stragrande maggioranza dei casi il paziente paga di tasca propria anche se rimborsati dal Ssn, proprio perché il prezzo è basso. Ma in tempo di crisi, se il prezzo raddoppia e se la malattia è cronica, è facile prevedere il ricorso alla prescrizione del medico di famiglia con un conseguente aumento della spesa Ssn. Di più: finirebbero per aumentare anche tutti i prezzi di riferimento dei generici inseriti nelle liste di trasparenza, anche in questo caso con effetti di mancato risparmio non esattamente quantificabile. Ma la partita è ancora aperta. E i prossimi passaggi istituzionali saranno decisivi. Anche da parte delle Regioni. Intanto le farmacie sono pronte ad alzare il tiro reclamando il rientro al bancone dei prodotti innovativi e costosi, lasciati in casa Ssn per legge, a scopo risparmio.Altri articoli sull'argomento
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