I giudici: il paziente deve capire il modulo di consenso

L'aspetto preso in considerazione dal giudice partenopeo riguarda la peculiarità degli interventi chirurgici di carattere estetico

giovedì 26 dicembre 2019

Dott-Net

La vertenza riguarda una richiesta di risarcimento danni nei confronti del medico e delle strutture sanitarie, con cui aveva eseguito due diversi interventi chirurgici al naso. In particolare, sosteneva l’attrice di aver eseguito un intervento di rinoplastica nel 2011, all’esito del quale aveva avuto disturbi respiratori e delle alterazioni estetiche a causa della non corretta individuazione della quantità di gibbo da asportare nonché del non corretto modellamento della cartilagine e del setto nasale.

In ragione dell’insuccesso del primo intervento, proseguiva l’attrice come riporta Diritto.it, la stessa era stata costretta nel 2012 a sottoporsi ad un nuovo intervento, sempre ad opera dello stesso medico, ma presso una seconda struttura sanitaria, il quale però non raggiungeva il risultato sperato non riuscendo a risolvere le problematiche estetiche e respiratorie che erano derivate alla paziente dal primo intervento chirurgico.

In considerazione di ciò, l’attrice riteneva il medico e le strutture sanitarie responsabili dei danni che erano residuati alla stessa (calcolati nella misura del 24% di danno biologico e in otto mesi di invalidità temporanea parziale al 50%), sia in considerazione degli interventi non eseguiti correttamente, sia in considerazione della mancata adeguata informazione circa i possibili esiti negativi degli interventi.

Sia il medico, si legge su Diritto.it, che le strutture sanitarie convenuti si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto della domanda della paziente, escludendo qualsiasi profilo di responsabilità a loro carico. In particolare, il medico evidenziava come le finalità dell’intervento chirurgico fossero state esclusivamente di carattere estetico e che le problematiche connesse alla respirazione della paziente erano già presenti prima dell’intervento. Inoltre, proseguiva il medico, la problematica estetica al dorso del naso era dipesa da un colpo accidentale che la paziente aveva subito dopo il primo intervento ed era derivata da un dislocamento verso il basso delle ossa nasali, circostanza questa da ritenersi complicanza inevitabile dell’intervento chirurgico; inoltre, il secondo intervento era stato finalizzato proprio per risolvere detta complicanza successiva al primo intervento e poteva ritenersi perfettamente riuscito.

Il Tribunale

Il primo aspetto preso in considerazione dal giudice partenopeo riguarda la peculiarità degli interventi chirurgici di carattere estetico, rispetto ai quali, avendo essi natura voluttuaria (cioè non risultano necessari per curare una malattia del paziente e quindi non presentano delle incertezze circa la metodologia da utilizzare per la loro esecuzione), la correttezza dell’intervento deve essere valutata tenendo in considerazione il raggiungimento o meno del risultato positivo voluto dal paziente al momento della stipulazione del contratto con il medico. In altri termini, in questa tipologia di interventi chirurgici, si deve guardare se all’interno del contratto stipulato con il paziente il medico abbia assunto una obbligazione di mezzi oppure una obbligazione di risultato e tale valutazione deve essere effettuata in base alla situazione in cui versava il paziente prima dell’intervento e alle possibilità oggettive di soluzione delle problematiche del paziente in considerazione del progresso delle tecniche operatorie. Nel caso in cui si accerti che l’operazione è stata eseguita a regola d’arte e che le conseguenze subite dal paziente, da un lato, sono qualificabili come inevitabili rispetto all’intervento eseguito (tenendo in considerazione le condizioni preesistenti del paziente) e, dall’altro lato, prima dell’intervento esse erano state rese note al paziente (il quale, nonostante ciò, aveva comunque espresso il proprio consenso all’esecuzione dell’operazione), non è configurabile un inadempimento contrattuale a carico del chirurgo estetico.

Ciò premesso, riporta Diritto.it, il tribunale ha analizzato la fattispecie concreta sottoposta al suo esame, evidenziando – per quanto riguarda l’aspetto delle modalità di esecuzione dell’intervento – come la consulenza tecnica d’ufficio abbia ritenuto che l’operato del sanitario sia stato corretto.

A tal proposito, il giudice ha evidenziato come l’attrice non abbia provato che le finalità dell’intervento chirurgico fossero quelle di risolvere le problematiche respiratorie della paziente. Anzi, dai documenti depositati in giudizio (e in particolare dalla cartella clinica), emerge che l’intervento da eseguire era di natura estetica. Inoltre, in generale la finalità di un intervento di rinoplastica (come quello eseguito sulla paziente attrice) consiste nella eliminazione degli inestetismi del naso, pertanto detta finalità si può ritenere raggiunta allorquando detti inestetismi sono state migliorati rispetto alla situazione preesistente. In secondo luogo, non è stato provato che l’intervento abbia in qualche modo diminuito le capacità respiratorie della paziente.

Ciò detto, il tribunale – in linea con quanto accertato dai consulenti tecnici d’ufficio – ha concluso evidenziando come entrambi gli interventi possono ritenersi eseguiti in maniera corretta, in quanto:

le conseguenze negative del primo intervento dipendono da un’alterazione del processo di cicatrizzazione, qualificabile come prevedibile ma non evitabile (si tratta quindi di una complicanza);

il secondo intervento ha, invece, raggiunto il risultato dovuto, avendo migliorato le problematicità estetiche del naso che erano derivate dalle complicanze del primo intervento.

Per quanto concerne invece il secondo aspetto di possibile responsabilità del medico (cioè l’aver fornito o meno al paziente un consenso informato circa l’intervento), il tribunale partenopeo ha escluso un inadempimento del sanitario.

Preliminarmente, il giudice evidenziato come negli interventi di chirurgia estetica, poiché essi non sono finalizzati alla cura della salute, si può presumere che il paziente non avrebbe acconsentito all’intervento se fosse stato compiutamente informato delle possibili conseguenze negative. In altri termini, nella chirurgia estetica l’informazione in ordine ai rischi prevedibili successivi all’intervento è talmente determinante nella scelta del paziente circa l’esecuzione dell’intervento, che non è necessario accertare se egli, informato correttamente, avrebbe acconsentito o meno all’intervento: infatti, si può presumere che, se fosse stato informato, egli non avrebbe acconsentito. Pertanto, la mancanza di un’informazione corretta circa tali aspetti determina una responsabilità del medico.

Ciò premesso, il tribunale ha esaminato i moduli del consenso sottoscritti dall’attrice prima dei due interventi oggetto di causa, accertando che quello relativo al primo intervento risulta completo, in considerazione del fatto che la paziente era stata informata circa il tipo di intervento da eseguirsi, circa le sue difficoltà e gli effetti conseguibili e soprattutto circa gli eventuali rischi prevedibili per la sua salute (infatti, nel modulo viene espressamente prevista la possibilità di dover nuovamente intervenire, successivamente all’intervento, per eseguire un ritocco alla punta e al dorso del naso se il risultato dell’intervento non fosse stato del tutto soddisfacente nonché del fatto che avrebbe potuto verificarsi un’alterazione della morfologia del naso a causa degli esiti cicatriziali).

Anche per quanto riguarda il secondo intervento, il tribunale ha accertato che il modello di consenso depositato in giudizio risulta completo, in quanto sono stati indicati in maniera esplicita fra i possibili postumi dell’intervento le difficoltà respiratorie e le discromie (tra l’altro, il giudice ha evidenziato come tali aspetti fossero stati scritti a penna all’interno del modulo prestampato, indice del fatto che il modulo era stato personalizzato per la paziente e quindi tali aspetti fossero stati oggetto di specifica informativa).

In conclusione, il giudice partenopeo ha respinto il rilievo formulato dall’attrice secondo cui la stessa avesse firmato il modulo del consenso senza che le fosse stato dato il tempo necessario per leggerlo. A tal proposito, il giudice ha evidenziato come il paziente abbia l’onere di prestare la dovuta attenzione alle informazioni che gli vengono fornite prima dell’intervento, per valutare in maniera consapevole se dare esecuzione o meno all’intervento, assumendosi, in caso positivo, il rischio delle possibili conseguenze pregiudizievoli della propria salute. Pertanto, è la paziente che deve avere cura di prestare attenzione a quello che sottoscrive e soprattutto di prendere visione in maniera consapevole delle possibili conseguenze negative di un intervento chirurgico.

In considerazione di tutto quanto sopra, il giudice ha ritenuto inesistente una responsabilità del medico e conseguentemente delle strutture sanitarie convenute (le quali erano state chiamate in giudizio per rispondere dell’operato del medico e non per inadempimenti propri), rigettando la domanda risarcitoria formulata dall’attrice.