"La procreazione assistita? Ripassi"
Il centro del Policlinico è chiuso da un anno e mezzo e quattrocento genitori non hanno ottenuto risposta
sabato 03 settembre 2016

La Biobanca dei gameti umani, istituita nel 2000 all'interno del dipartimento di Ginecologia del Policlinico di Bari, da marzo 2015 ha interrotto le pratiche di Pma (di primo e secondo livello), lasciando in attesa circa 200 coppie che hanno completato l'iter e premono per diventare genitori. «Stiamo eseguendo i lavori per l'adeguamento ai parametri richiesti per ottenere l'accreditamento - spiega il direttore generale dell'azienda Policlinico, Vitangelo Dattoli - Ci vorranno ancora alcuni mesi». Nei laboratori chiusi, al momento, ci sono 14mila dosi di gameti congelati, speranza di vita futura per pazienti oncologici. Si tratta di una metodologia di procreazione medico assistita che si rivolge a donne e uomini, affetti dalle malattie oncologiche e che grazie anche a trattamenti radio-chemioterapici, guariscono dal tumore. Ma, per effetto della tossicità di tali trattamenti, rimangono sterili.
La chiusura del centro ha infranto le speranze dei pazienti che chiedono di sottoporsi alle prove di fecondazione in vitro: «Facevamo circa 600 trattamenti l'anno. Ora abbiamo 200 coppie che hanno già completato l'iter e premono per proseguire il percorso - spiega la dottoressa Raffaella Depalo, responsabile del centro - È importante ripartire alla grande, ridimensionando il fenomeno della migrazione fuori regione». I lavori procedono: «Abbiamo già le attrezzature e il personale formato - dice -Abbiamo acquisito un'altra ala del reparto di Ginecologia. La parte della biobanca è pronta, ora devono essere completati gli impianti. Avremo laboratori più grandi e tecnologie più avanzate. Saremo gli unici in Italia». Oltre al Policlinico di Bari, ci sono soltanto altri due centri pubblici a gestire in Puglia la mole sempre più imponente di pazienti che chiedono di accedere alla procreazione medico assistita: l'unità operativa di Fisiopatologia della riproduzione umana e Pma a Conversano e quella dell'ospedale civile "San Giuseppe Sambiasi" di Nardò, nel Salento.
Ai tre centri pubblici la Regione Puglia ha destinato somme previste dalla legge per l'implementazione della strumentazione. Altri 11 strutture, private, raccolgono quella parte di utenza, il 70 per cento, che non riesce ad accedervi in tempi rapidi e finisce in liste d'attesa con tempi che arrivano anche a un anno. E poco importa, a questo punto, se nei centri privati si pagano quattromila euro, considerato che il ticket per accedere al pubblico va dai 1.200 euro in su. Lavora alacremente per dare risposte rapide il centro di Conversano, dove nel 2015 oltre 1.500 donne (con età media 36 anni) hanno avuto accesso e dove sono stati eseguiti 600 trattamenti. La metà, 362, sono invece quelli di primo e secondo livello eseguiti a Nardò (il 22 per cento delle coppie che ne hanno fatto richiesta). Ma per avere un'idea più chiara sulla scelta, crescente, dei centri privati, basta leggere i numeri diffusi dal ministero a giugno scorso: dei 1.227 cicli di primo livello eseguiti in Puglia, solo 278 (il 22,7 per cento) sono stati avviati nel pubblico. Dei 1.987 di secondo e terzo livello, 555 (appena il 27,9 per cento) erano in centri pubblici