Visite a domicilio, da sentenza novità sui compiti del medico

Panti (OMCEO Firenze): nelle urgenze indifferibili chiamare il 118. La Cassazione pero' condanna un medico di CA che non si reco' a domicilio

venerdì 27 ottobre 2017

Doctor 33

È vero che per la convenzione il medico di famiglia può dover assentarsi dall'ambulatorio per andare ad assistere a domicilio pazienti urgenti? In realtà, in attesa che il prossimo accordo nazionale innovi sulle regole in vigore dal 2005, sul tema dei compiti del medico in "domiciliarità" (ma si parla di Rsa) quest'anno solo una sentenza della Cassazione, a maggio, ha affermato una cosa nuova. Ma andiamo per gradi.
L'Accordo Nazionale afferma che lo studio del medico di famiglia deve essere aperto 5 giorni a settimana, dal lunedì al venerdì, garantendo un orario di apertura congruo, definito anche in base alle necessità dei pazienti iscritti nel suo elenco, con un minimo di 5 ore settimanali fino a 500 assistiti; 10 ore tra 500 e 1000 assistiti; 15 ore tra 1000 e 1500.

Le visite domiciliari invece vanno espletate in giornata se richieste entro le 10 di mattina, e, se richieste dopo le 10,entro le 12 del giorno successivo. Vanno fatte anche il sabato (giorno in cui il medico non è tenuto ad aprire l'ambulatorio secondo il vecchio accordo) entro le 10, a meno di accordi regionali che dispongano diversamente. Dunque, orari di ambulatorio e di visite domiciliari sono diversi.

Ma quando arriva una chiamata di un proprio assistito, "urgentissima", in orario di ambulatorio? L'accordo 2005 afferma che la chiamata urgente recepita va soddisfatta nel piuÌ breve tempo possibile. L'articolo 47 comma 5 dell'accordo 2005 aggiunge che i medici possono organizzare la risposta clinica secondo modalità organizzative proprie, che vanno consolidandosi (continuità assistenziale diurna) e che sono oggetto della trattativa per la convenzione. Il medico deve quindi recarsi al capezzale del paziente? No, perché c'è il 118, come spiega il presidente Omceo Firenze Antonio Panti, che è stato segretario Fimmg e a lungo ai vertici del sindacato.

«Nessuno di noi ha il dono dell'ubiquità e la convenzione non ce lo chiede. Un paziente in condizioni improvvisamente critiche ci si può presentare, è un caso particolare, anche in studio e noi abbiamo il dovere di assisterlo. Ma non dobbiamo fare i Nembo Kid, che si gettano tra le lamiere per estrarre il ferito in autostrada; il medico ha il compito di indirizzare il suo paziente nelle mani migliori, se è impegnato in studio e sa che deve staccarsi, magari per un'ora, creando problemi in sala d'attesa potrà tutt'al più, e questo sì è meritorio, di fronte a una telefonata di un familiare che denuncia una situazione molto grave chiamare personalmente il 118, dove è presente personale competente, e poi magari riaccertarsi con una telefonata che il soccorso sia arrivato». La convenzione non è un po' laconica? «Credo tuteli bene il medico. È il magistrato che può discrezionalmente far prevalere l'obbligo sia giuridico sia morale di assistenza nel caso particolare. Di fronte a una situazione che il medico ravvisi di emergenza oggi come oggi sarebbe scorretto cercare alternative al 118, nel caso opposto se non c'è l'urgenza il medico potrà ben posporre la visita all'orario di ambulatorio».

Accenniamo, ma solo come caso particolare, alla sentenza 21631/17 della Cassazione penale che di recente ha confermato la condanna in appello a 4 anni di reclusione per un medico di guardia che, pur in servizio, non si era recato al capezzale di un paziente polipatologico morente. Gli infermieri avevano chiesto di intervenire ma il medico si era limitato a prescrivere "da lontano" prima un tranquillante e poi l'ossigeno per la crisi respiratoria sopravvenuta. La Corte ha affermato che in condizioni di urgenza ed indifferibilità dell'atto sanitario richiesto dal personale infermieristico, il medico ha sempre l'obbligo di recarsi immediatamente a visitare il paziente per valutare direttamente la situazione, specie "se a richiedere il suo intervento sono soggetti qualificati in grado di valutare la effettiva necessità della presenza del medico", o si configura il reato di rifiuto di atti d'ufficio articolo 328 del codice penale. Il caso non sembra contenere peraltro elementi veramente assimiliabili alla pratica dello studio del medico di famiglia.
Mauro Miserendino