L'ira dei medici: 'Troppa violenza record italiano per le aggressioni"

Bisogna individuare delle soluzioni che, nel rispetto della privacy, possano garantire l'adeguata sicurezza ai medici e agli operatori».

giovedì 10 agosto 2017

Repubblica Bari
ANTONIO DI GIACOMO Un episodio drammatico che, sebbene in via indiretta, ripropone l'emergenza sicurezza negli ospedali e presìdi sanitari della Puglia. È un caso estremo, naturalmente, quello dell'aggressione dell'anziana al pronto soccorso dell'ospedale di Taranto eppure, secondo Antonio Mazzarella, segretario regionale della Cgil Medici, «ci si trova dinanzi all'ennesimo e tragico episodio di una lunga sequenza di violenza che avviene nei nostri ospedali. Emergono solo i casi più eclatanti che non riguardano soltanto i pazienti evidentemente, ma i medici e gli operatori che si ritrovano a subire la rabbia dell'utenza per le lunghe attese e i disservizi». Più in generale Mazzarella pone l'accento a tutto tondo sull'emergenza sicurezza: «I grandi ospedali sono ormai delle piccole città e si registrano gli stessi episodi che avvengono nelle strade tra furti, aggressioni, rapine, problemi di traffico e parcheggio. E tutto questo non avviene soltanto per le dimensioni e la concentrazione delle persone - si pensi al Policlinico di Bari, attraversato in media da 7mila persone -ma per un tangibile e inevitabile problema di gestione della sicurezza che non può essere delegata a un pugno di vigilantes che fanno quello che possono». Come uscirne? «Fermo restando che l'aggressione dell'anziana a Taranto è un caso a sé, la risoluzione dei problemi di sicurezza nella sanità pugliese - suggerisce Mazzarella - non può che partire dal miglioramento al massimo delle prestazioni e dei servizi perché nessun utente debba avere di che lamentarsene. Ma per fare questo ci vogliono risorse umane e mezzi che non ci sono: è il serpente che si morde la coda, insomma».

Non è diversa l'analisi di Filippo Anelli, presidente dell'Ordine dei medici Bari, che anzi ricorda: «Come abbiamo più volte dichiarato abbiamo gli indici più alti d'Italia rispetto alle aggressioni ai medici, ma anche ai pazienti. Si parla ovviamente dei dati noti, attraverso le denunce, ma siamo convinti che il fenomeno sia fortemente sottostimato in primo luogo da parte dei medici che in genere non denunciano le aggressioni di più lieve entità. A nostra disposizione, infatti, ci sono solo i dati dell'Inail e quindi quelli relativi agli infortuni sul lavoro in caso di aggressione». Il problema a monte, insiste Anelli, è che «già all'indomani dell'omicidio della psichiatra Paola Labriola avevamo evidenziato come una politica sanitaria fatta di tagli e pesanti riduzioni del personale avrebbe comportato un incremento degli episodi di intolleranza da parte dei cittadini che si vedevano rifiutate le prestazioni non dal sistema ma dal medico che è la sua interfaccia con il sistema.

Da qui, allora, l'incremento in primo luogo degli episodi di violenza Se non si arresta il sistema dei tagli invertendo la rotta e non si sbloccano le assunzioni la situazione rischia solo di peggiorare». Tanto che, precisa Anelli, al governatore Emiliano nei mesi scorsi è stata chiesta «l'attivazione dell'Osservatorio sulla sicurezza che è lo strumento previsto dal ministero per monitorare ed esaminare i casi di violenza, avevamo chiesto l'attivazione dell'osservatorio sulla sicurezza che è lo strumento previsto dal ministero per monitorare ed esaminare i casi di violenza. Tutto questo per mettere in piedi i meccanismi di correzione a tutela dei medici e dei cittadini. L'impegno di Emiliano è di attivarlo entro il 14 settembre, in occasione del concerto in memoria della collega Paola Labriola». E così sarà, assicura Giancarlo Ruscitti, direttore del dipar- timento Salute della Regione: «L'Osservatorio è un organismo che in presidente ha voluto e che senz'altro a settembre si insedierà e riunirà. Il problema della sicurezza esiste e ha diverse sfaccettature. Ciò che accade nelle guardie mediche e nei presìdi dela continuità assistenziale è una esplosione di aggressività che si manifesta contro colleghi che sono da soli, diverso invece quando tali episodi si verificano nei pronto soccorso o dipartimenti di urgenza dove pure c'è vigilanza ma all'esterno, mentre in genere le aggressioni sono avvenute in sede di visita dove la vigilanza non c'è per ovvi motivi. Stiamo cercando di individuare delle soluzioni che, nel rispetto della privacy, possano garantire l'adeguata sicurezza ai medici e agli operatori».