Sanità Pugliese: troppi parti cesarei, stretta della Regione
L’ultima riunione di giunta ha licenziato il nuovo tariffario regionale
venerdì 17 maggio 2013

BARI - Tre su quattro nell’ospedale di Ostuni, due su tre in quello di Francavilla, poco meno al «San Marco» di Grottaglie e al «Veris» di Scorrano. Non siamo ai livelli stellari della Campania, ma anche in Puglia il ricorso al parto cesareo continua ad essere ingiustificatamente alto: nel 2012, a fronte di 34.585 nascite, il totale dei tagli cesarei ammonta al 44,6%. Tanto che la Regione ha deciso di correre ai ripari anche nei confronti delle case di cura private: d’ora in poi i cesarei non a rischio verranno rimborsati come parti normali.
L’ultima riunione di giunta ha licenziato il nuovo tariffario regionale che si applica alle strutture accreditate, per le quali la spesa complessiva rimarrà invariata rispetto al budget attuale. Tra le varie novità, quella più importante riguarda appunto le nascite con taglio cesareo: tutte le volte che nella scheda di dimissione ospedaliera non sarà riportata una motivazione valida (che può andare dalla posizione anomala del feto alla gravidanza multipla), la Regione rimborserà l’intervento secondo la tariffa prevista per il parto vaginale. La differenza non è da poco: il parto cesareo con complicazioni vale 2.782 euro contro i 1.272 euro del parto naturale, con una spesa potenzialmente inutile per circa 15-20 milioni di euro.
Basti dire che il più importante punto nascita pubblico della Puglia, il «Riuniti» di Foggia, nel 2012 ha fatto registrare 2.697 parti con il 36% di cesarei, percentuale che è «solo» 7 punti più alta rispetto alla media nazionale. Viceversa nel privato lo scostamento dalla media nazionale è sensibilmente più alto: alla «Bernardini» di Taranto i cesarei sono al 60%, mentre alla «S. Maria» di Bari (la più grande clinica pugliese del settore) sono al 50%. Qualche mese fa la Puglia è finita nell’elenco delle Regioni segnalate dall’Agenas (l’agenzia sanitaria nazionale) per alcune irregolarità nelle schede di dimissione che giustificavano il cesareo con la «posizione anomala del feto»: una eventualità (non verificabile a posteriori) che in letteratura ha una incidenza dell’8% e che invece nelle cartelle cliniche verificate risultava otto volte più alta. Il dubbio - sono in corso specifici approfondimenti affidati ai Nas - è che fosse un espediente per giustificare un cesareo.
Va sottolineato che rispetto al 2011 i cesarei in Puglia sono diminuiti di circa 1.200 unità, pari a poco più di un punto e mezzo percentuale. È forse l’effetto dell’inserimento di uno specifico obiettivo tra quelli assegnati ai direttori generali delle Asl e delle aziende ospedaliere, anche se nei primi tre punti nascita della Puglia (Foggia, «Fazzi» di Lecce e Policlinico di Bari) la diminuzione complessiva è di poche decine di unità. La differenza più marcata è quella registrata dal «Di Venere», che è un centro di riferimento regionale per alcune situazioni di rischio ed è di conseguenza la struttura pubblica con la più alta incidenza di cesarei: dagli 851 del 2011 (il 57%) il secondo ospedale del capoluogo è sceso a 724 (il 50%).
Le nuove tariffe intervengono poi sulle fratture al femore per pazienti ultrasessantacinquenni: l’operazione entro il terzo giorno dal ricovero comporta un bonus del 5%, mentre le operazioni oltre il quarto giorno portano a un taglio del 20%. Per quanto riguarda la specialistica ambulatoriale, resta confermato il ticket di 10 euro a carico degli assistiti.
[m.scagl.]