Abruzzo: Indennità di rischio, medici chiamati a ridare fino a 70mila euro

Fimmg: richiesta illegittima. Non si tiene conto delle yasse e dei contributi ENPAM versati

lunedì 04 giugno 2018

Doctor 33

«Noi medici di continuità assistenziale abruzzesi siamo di fronte a una tragedia dell'assurdo. Stiamo restituendo parte dei nostri stipendi solo in base a un'ipotesi accusatoria della corte dei conti. E stiamo pagando migliaia di euro di pregresso perché, malgrado non ci siano sentenze sfavorevoli, i direttori generali hanno ugualmente chiesto agli impiegati di trattenerci i soldi. Se ci fossimo trasferiti in massa, a Milano, a Trento, a Catania, un qualsiasi ufficiale giudiziario per trattenerci le somme delle indennità di accompagnamento pregresse chiederebbe un titolo. Ma qui il titolo -cioè la sentenza- non c'è». Sandro Campanelli segretario abruzzese Fimmg Continuità Assistenziale, denuncia la "tempesta perfetta" che ha travolto la categoria dopo che la Corte dei Conti ha messo nel mirino la Regione per aver attribuito con l'accordo regionale del 2006 quattro euro orari di indennità di rischio ai medici. Senza che fosse ancora accertato il danno erariale ipotizzato nei confronti dei dirigenti regionali e dei manager Asl che hanno versato le indennità, la Regione prima-ad agosto 2017- ha sospeso senza sentire i sindacati le indennità orarie ai medici di guardia, che arrivano fino a 420 euro lordi mensili. E ora sta chiedendo i soldi impropriamente elargiti in passato. Somme tanto più alte quante più ore in questi anni il medico ha lavorato. Alcuni medici sono chiamati a corrispondere fino a 70 mila euro. «Il pagamento del pregresso è rateizzato, fino a 12 mila euro in 12 mesi, fino a 20 in 24 mesi, il massimo si paga in 48 rate mensili, a partire da questo mese di maggio», riprende Campanelli. «Ci sono colleghi che pagano oltre mille euro e con 800-1000 euro che restano in busta paga non possono più permettersi di pagare il mutuo, sono disperati». Per la Corte dei Conti il rischio era ricompreso nell'onorario orario di 21 euro. I sindacati replicano che la Corte non può interpretare i contratti collettivi. «Ma la Regione ha deciso di pagare, i direttori generali hanno chiesto agli impiegati di agire. Su quegli introiti -ricorda Campanelli -abbiamo pagato le tasse e i contributi Enpam, ma a nessuno viene in mente di defalcarli dal nostro debito».

«Molti colleghi hanno fatto ricorso al giudice del lavoro e al Tar e la partita è aperta, anche se agire chiede tempo, denaro, e dispiaceri che andavano evitati. In queste ore giunge notizia di una prima sentenza favorevole a un collega al Tribunale di Chieti, di cui non ho ancora estremi e merito. Speriamo tutti serva a cambiare gli indirizzi presi da questa regione», dice Campanelli. Altre regioni hanno promosso un'indennità a parte rispetto all'onorario (identica quella lucana, 4 euro, in Calabria sono 5,5 euro/ora ma non esattamente per il rischio, ndr). La Basilicata ha sospeso cautelativamente l'indennità e non si parla di retroattività del debito del medico; un mese fa è stato raggiunto un accordo per riconoscere euro 4,50 per ora di servizio "a rischio globale e strutturale intrinseco al servizio di continuità assistenziale" cui vanno aggiunti 0,5 euro/ora d'indennità usura proprio mezzo ed altri 0,5/ora per assistere la popolazione pediatrica. Ma a fine aprile Gentiloni ha impugnato la legge 3 del 28/2/18 che dava la copertura: invaderebbe competenze dello stato. In Abruzzo il 22 dicembre è stato sottoscritto un accordo tra medici e Asl, grazie alla mediazione dell'assessore alla salute Silvio Paolucci, che consente di riavere i 4 euro/ora svolgendo attività ambulatoriale nelle sedi di continuità assistenziale. Ma sul pregresso non ci sono margini per trattare. Campanelli ricorda che «proprio con la Regione che oggi trattiene le somme nel 2006 istituimmo l'indennità perché un rischio da coprire c'era, e in 10 anni la nostra situazione è peggiorata come ho avuto modo di mostrare ai Carabinieri dei Nas attivati dalla nostra ricerca sulle 81 sedi di guardia medica 81 sedi regionali». Per la cronaca, solo tre sedi hanno la porta blindata, quattro il vetro antisfondamento, e il 26% ha le inferriate (ma si crolla al 9% nella zona di Chieti, anche in aree popolose), ci sono telecamere solo nel 9%, videocitofono nel 31, e citofono nel 50: il medico prima apre e poi capisce chi gli ha bussato. «Operino nella zona costiera dove si concentra il grosso della popolazione o all'interno in aree spopolate e dure da raggiungere le nostre sedi per la popolazione -chiosa Campanelli- si tratta di presidi importanti dove arrivano richieste eterogenee. "Punirci" fa male non solo a noi, ma ad un servizio apprezzato dai pazienti».

Mauro Miserendino