Visite domiciliari e prescrizioni, crescono i no dei medici di famiglia
Mario Falconi: la colpa non è solo del decreto appropriatezza
martedì 11 ottobre 2016

Visite domiciliari e prescrizioni, crescono i no dei medici di famiglia
«Confermo i dati Pit, purtroppo. Alcuni pazienti mi riferiscono di visite domiciliari rifiutate e di prescrizioni negate dal loro medico di famiglia. E non da ora che c'è il decreto appropriatezza ma da prima. Ma se una volta si poteva revocare un medico che diceva di no, oggi le alternative non sempre ci sono. Soprattutto gli anziani, borbottano a bassa voce e si rassegnano. Non mi stupirebbe di sentire presto che c'è stato un crollo nelle prescrizioni, figlio di un medico impaurito dal decreto appropriatezza e soprattutto di anni in cui la medicina di famiglia, che doveva essere il centro della sanità, è invece stata dimenticata».
Mario Falconi presidente del Tribunale dei Diritti del Malato e del Medico, commenta percentuali datate -del rapporto Pit-TdM di 11 mesi fa -tornate prepotenti alla ribalta alla presentazione dei dati sulle adesioni al corso Fnomceo per imparare meglio le tecniche di comunicazione con i pazienti. Ventitremila medici di tutte le specialità hanno frequentato le lezioni di formazione continua su come "andare d'accordo" con i cittadini. Sui media è stato ricordato come TdM-Cittadinanzattiva evidenzi il peggioramento -nel 2014 rispetto all'anno prima - di due indicatori importanti: le visite domiciliari, rifiutate un po' troppo spesso nel 2014 (il "no" riguarda oltre il 28% delle segnalazioni sui medici di base, in crescita di cinque punti sul 2013) e le prescrizioni di farmaci ed esami, il cui rifiuto è cresciuto dal 17,8% del 2013 al 24,5%. I rifiuti prescrittivi, poi, sono precedenti al decreto appropriatezza, varato lo scorso autunno e realizzato a inizio 2016.
Mario Falconi presidente del Tribunale dei Diritti del Malato e del Medico, commenta percentuali datate -del rapporto Pit-TdM di 11 mesi fa -tornate prepotenti alla ribalta alla presentazione dei dati sulle adesioni al corso Fnomceo per imparare meglio le tecniche di comunicazione con i pazienti. Ventitremila medici di tutte le specialità hanno frequentato le lezioni di formazione continua su come "andare d'accordo" con i cittadini. Sui media è stato ricordato come TdM-Cittadinanzattiva evidenzi il peggioramento -nel 2014 rispetto all'anno prima - di due indicatori importanti: le visite domiciliari, rifiutate un po' troppo spesso nel 2014 (il "no" riguarda oltre il 28% delle segnalazioni sui medici di base, in crescita di cinque punti sul 2013) e le prescrizioni di farmaci ed esami, il cui rifiuto è cresciuto dal 17,8% del 2013 al 24,5%. I rifiuti prescrittivi, poi, sono precedenti al decreto appropriatezza, varato lo scorso autunno e realizzato a inizio 2016.
«Più del decreto appropriatezza, irricevibile nella sua prima stesura sanzionatoria, mi ha colpito la reazione di fronte ad esso della medicina generale», dice Falconi. «Anche dopo le stesure successive, la categoria, che da segretario Fimmg ho difeso per anni, ha continuato ad evocare le sanzioni, come se non si percepisse più la forza conferita dall'alleanza con il paziente. Dà noia, certo, una linea guida che ti dice di prescrivere il colesterolo con certi intervalli di fronte a certi esiti solo per motivi di razionalizzazione delle risorse, ma il decreto lascia ora il margine per decidere in scienza e coscienza. Non vedo l'autonomia prescrittiva del medico di famiglia più minacciata di quanto lo fosse qualche anno fa, ma la categoria si mostra indebolita. Ed esposta a un paradosso: pur essendo l'ospedaliero un dipendente più esposto agli "ordini di servizio", le norme prescrittive le applicano alla lettera di più i Mmg, che invece si presume abbiano più autonomia». Perché? «Siamo fermi da dieci anni. Rosy Bindi voleva i Mmg al centro del sistema, poi è andata diversamente: il paese è in ritardo sull'organizzazione del territorio, della rifondazione Fimmg resta il ruolo unico, il governo ha bloccato i contratti. Di fronte alla immotivata marginalizzazione, a leggi forse più intimidatorie con i convenzionati che con i dipendenti (ricordo la Brunetta), alla sensazione che una prestazione in più sia regalata a un sistema che ti svilisce, è cresciuto, pur minoritario, il numero di colleghi che assumono atteggiamenti difensivi. Meglio in certi casi una prestazione -magari probabilmente inutile -in meno. Ma purtroppo in certe grandi città le domiciliari non tutti i Mmg le fanno più. E mi dico, se abbandoniamo un caposaldo come la visita domiciliare, che insegna a vedere il paziente nel suo contesto e a distinguere i suoi bisogni sociali da quelli sanitari, rischiamo di perdere i fondamentali che ci danno centralità e forza contrattuale».
È anche vero che l'età media di medici e pazienti cresce: il medico di fronte a tante cronicità dosa meglio le forze? «Può essere. Però ricordo che pure il paziente ha meno forza contrattuale. Sempre meno di fronte a un diniego del suo medico reagisce con la revoca e, specie se è anziano in una zona periferica, come fa a cercarsi un'alternativa che magari è a chilometri di distanza... o magari è una sede di gruppo aperta in uno snodo strategico alle auto ma non molto accessibile ai vecchietti? Mi consola sapere che molti di noi dovrebbero aver frequentato quel corso Fnomceo, vuol dire che presidiamo almeno un fondamento del nostro lavoro, la comunicazione». Falconi insiste sul fatto che negli ultimi dieci anni nulla ha fatto la parte pubblica per il territorio, nemmeno le regioni che tanto invocano autonomia.
«Avrebbero ben potuto dare dei contenuti ai corsi, caldeggiare la parificazione del tirocinante allo specializzando e delle loro scuole a quelle universitarie di specialità. Invece anche qui le borse non sono contratti di formazione, valgono metà di quelli e la categoria ha percepito una discriminazione nei confronti dell'ospedale. È da qui che dobbiamo ripartire, invocare una parificazione, dodici punti per chi esce dal tirocinio, più autonomia e responsabilità nel rapporto con l'assistito».
Mauro Miserendino