Aifa allerta medici su rischio di chetoacidosi diabetica con inibitori Sglt2
Rischio di casi gravi, di chetoacidosi diabetica con canagliflozin (Invokana e Vokanamet), dapagliflozin (Forxiga e Xigduo), empagliflozin (Jardiance)
venerdì 10 luglio 2015

Aifa in accordo con l'Agenzia europea dei medicinali (Ema) e AstraZeneca AB, Boehringer Ingelheim e Janssen-Cilag SpA ha diffuso a medici e professionisti sanitari una nota informativa importante sui farmaci inibitori del trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (Sglt2).
Sono stati riportati casi gravi, a volte con pericolo di vita, di chetoacidosi diabetica in pazienti in trattamento con gli inibitori Sglt2, da soli e in associazione a metfomrina, come: canagliflozin (Invokana e Vokanamet), dapagliflozin (Forxiga e Xigduo), empagliflozin (Jardiance), la maggior parte dei quali ha richiesto l'ospedalizzazione. Fino a metà dei casi si sono verificati durante i primi due mesi di trattamento.
Un terzo dei casi si è presentato durante l'utilizzo off-label in pazienti con diabete di tipo 1. In alcuni casi, immediatamente prima o nel momento stesso in cui si è verificata chetoacidosi, i pazienti avevano manifestato disidratazione, scarsa assunzione di cibo, perdita di peso corporeo, infezioni, vomito, erano stati sottoposti ad interventi chirurgici, era stata ridotta la dose di insulina o vi era uno scarso controllo glicemico. In un certo numero di casi, invece, la sintomatologia è stata atipica con aumenti moderati dei valori di glucosio o valori di glucosio al di sotto di 14 mmol/l (250 mg/dl), mentre in un caso è stata riportata ipoglicemia.
Ci sono stati anche casi di chetoacidosi subito dopo l'interruzione degli inibitori Sglt. Il meccanismo sottostante l'associazione tra inibitore Sglt2 e chetoacidosi diabetica non è noto. La chetoacidosi diabetica di solito si sviluppa quando i livelli di insulina sono troppo bassi, è più comun in pazienti con diabete di tipo 1 e di solito si accompagna ad alti livelli di glucosio nel sangue (> di 14 mmol/l).
Tuttavia, in un certo numero di casi, i livelli di glucosio nel sangue erano solo leggermente aumentati, contrariamente ai tipici casi di chetoacidosi diabetica. I medici prescrittori devono informare i pazienti riguardo ai segni e sintomi di acidosi metabolica (quali nausea, vomito, anoressia, dolore addominale, sete eccessiva, difficoltà respiratorie, confusione, astenia inusuale e sonnolenza) e avvisarli di rivolgersi immediatamente ad un medico in caso sviluppino questi segni e sintomi. Aifa raccomanda inoltre di valutare i pazienti in trattamento con inibitori Sglt2 per la chetoacidosi nel momento in cui presentano segni o sintomi di acidosi metabolica, al fine di prevenire un ritardo nella diagnosi e nella gestione del paziente.
Nel caso in cui si sospetti una chetoacidosi, il trattamento con inibitori Sglt2 deve essere interrotto; se poi la chetoacidosi fosse confermata, occorre adottare misure appropriate per correggerla e monitorare i livelli di glucosio.