Iperprescrizione di farmaci: il danno va quantificato e non presunto

Corte dei Conti: sentenza 61/2015.

martedì 26 maggio 2015

Sole24ore Sanità

Il medico e il farmacista, ai quali viene contestato di avere erogato farmaci a carico del Ssn senza giustificazione, non possono essere condannati sulla base di medie prescrittive, ma solo per la quota di danno realmente provato e imputabile a colpa grave.

 Il criterio presuntivo del «costo medio», per la sua astrattezza, appare logicamente incompatibile con il principio dell'onere della prova che grava sul pubblico ministero (che è personale e derivante da comportamenti dannosi storicamente certi e provati).

 La statistica può appagare lo studioso, o fornire spunti manageriali per interventi gestionali (o normativi) correttivi nel mondo sanitario, ma mai per fondare condanne della Corte dei conti svincolate da un concreto e atomistico riscontro oggettivo di condotte gravemente colpose in relazione a singoli, accertati e individuati episodi.

Al riguardo, si osserva che, la sussistenza della colpa grave non può essere affermata in astratto, ma deve essere valutata caso per caso. Non ogni condotta diversa da quella doverosa implica colpa grave ma solo quella che sia caratterizzata da particolare negligenza, imprudenza o imperizia e che sia posta in essere senza l'osservanza, nel caso concreto, di un livello minimo di diligenza che dipende dal tipo di attività concretamente richiesto all'agente e dalla sua particolare preparazione professionale, in quel settore della Pubblica amministrazione al quale è preposto.

Questa è l’opinione espressa dalla Corte dei conti, sezione di appello per la Sicilia, nella sentenza 61/2015 del 2 marzo, che vide coinvolti oltre al farmacista alcuni medici di famiglia e alcuni ginecologi di un consultorio.

Ai sanitari venne contestato di avere prescritto e poi erogato farmaci a pazienti mai presentati presso il consultorio e lo studio o addirittura deceduti. Nelle sue difese, il medico aveva ammesso di aver consegnato le prescrizioni a soggetti diversi dai beneficiari, su pressione dei primi, e di aver aggiunto, nel registro delle visite, il nome di persone effettivamente non visitate ed essendo, nel consultorio, la visita condizione preliminare alla prescrizione farmaceutica, ne conseguiva che tutti i farmaci prescritti erano non dovuti dal servizio sanitario. 

La procura, però, anziché quantificare dettagliatamente il danno in base alle ricette emesse, aveva adottato una quantificazione secondo il «costo medio» detraendo dal costo globale delle prescrizioni emesse dai sanitari quelle «ritenute fisiologiche».La Corte dei conti in primo grado, contestando il metodo di quantificazione presuntivo, assolse i sanitari ritenendolo non provato.

 Tesi accolta in sede d'appello, che ha solo parzialmente accolto l'appello del procuratore, ponendo a rimborso le 140 ricette mediche sicuramente artefatte o emesse a favore dei soggetti interrogati che avevano negato di averli richiesti e acquistati. In ragione di detta prova il farmaco è stato imputato in conformità al tariffario vigente all'epoca della prescrizione, scorporando dall'importo rimborsato il ticket e arrivando così a determinare con esattezza l'importo costituente danno erariale. sentenza 61/2015