I cacciatori dei ticket non pagati

Abbiamo il compito di chiedere indietro agli utenti dei soldi per visite ed esami fatti gratis, ma che in realtà erano a pagamento.

mercoledì 22 agosto 2018

La Repubblica Bari

«Abbiamo il compito di chiedere indietro agli utenti dei soldi per visite ed esami fatti gratis, ma che in realtà erano a pagamento. Qualcuno comprende l'errore e paga. Altri vanno su tutte le furie, ma alla fine restituiscono il denaro. Ma c'è anche chi si rifiuta di pagare e non si limita alle proteste verbali». Mario è uno dei dieci dipendenti che l'Asl Bari ha schierato per affrontare un compito particolare.

Recuperare dalle tasche degli utenti di Bari e provincia la bellezza di sei milioni di euro. Si tratta di soldi che servono per pagare prestazioni sanitarie che questi utenti hanno ottenuto gratuitamente, autocertificando che erano esenti dal pagamento di ticket per motivi economici. Parliamo di prestazioni che vanno dalle poche decine di euro fino anche a qualche migliaio di euro Negli ultimi anni però il ministero dell'Economia ha deciso di incrociare le autocertificazioni con i dati reddituali, scoprendo che nel sistema sanitario italiano vengono a mancare per false certificazioni, milioni di euro. Soltanto le Asl pugliesi hanno scoperto che hanno crediti per circa 20 milioni di euro per prestazioni ingiustamente garantite in maniera gratuita agli utenti negli anni fra il 2011 e il 2015. La sola Asl di Bari, la più grande di Puglia, aveva il compito di recuperare poco meno di sei milioni di euro per gli anni 2011-2013. Negli anni scorsi sono partite circa 50mila lettere di avviso agli utenti. Non tutti hanno risposto.

Fino a ora sono stati recuperati 1,8 milioni di euro. La situazione è simile in tutte le Asl, ecco perché ora le aziende sanitarie locali stanno decidendo di passare alle maniere forti, in alcuni casi incaricando alcune agenzie di recupero crediti. A Mario, che preferisce rimanere anonimo, non piace la definizione di "cacciatori di ticket" che è stata affibbiata ai dipendenti come lui che a fine turno sono stati incaricati dalle aziende di effettuare quest'altra mansione. «Anche perché quando ci spiegano le motivazioni di quelle autocertificazioni non veritiere, comprendiamo che in alcuni casi c'è buona fede. Ci sono, per esempio, anziani pensionati che hanno firmato senza accorgersi un'autocertificazione per esenzione fatta da un caf o da un patronato e che non era dovuta».

A volte però a non essere comprensivi sono gli stessi utenti che, dopo aver ricevuto la lettera dall'A-sl, si recano negli uffici dell'azienda per avere spiegazioni: «Qualche volta abbiamo subito sfuriate pesanti, in un paio di casi qualcuno ha anche alzato le mani contro di noi. A un mio collega, un utente ha scaraventato addosso il computer dell'ufficio. Ma ripeto, alla fine comprendiamo anche la rabbia delle persone che scoprono di dover pagare una visita o un esame fatto cinque o sei anni fa e che per farlo deve venire qui a Bari (l'ufficio per il recupero dei crediti si trova all'ospedale San Paolo) magari partendo da Altamura o da Putignano». La situazione non è dissimile nelle altre Asl. Nella Bat, un pool di cinque dipendenti ha il compito di recuperare 1,9 milioni di euro per gli anni 2013-15. Per questo l'azienda ha inviato 9mila lettere per l'invito al pagamento: «Abbiamo creato un gruppo di lavoro composto da avvocati dell'ufficio legale e dirigenti e collaboratori della ragioneria -conferma il direttore generale dell'Asl Bat, Alessandro Delle Donne - si tratta di dipendenti che hanno fatto e che stanno facendo un lavoro abnorme. Spero che i cittadini collaborino con l'azienda per evitare costosi (per loro) contenziosi». In effetti, la prima mossa pacifica, quello dell'invio delle lettere per avvisare gli utenti della necessità del pagamento delle vecchie prestazioni, ha funzionato fino a un certo punto.

 L'Asl di Bari ha ancora quattro milioni di euro da recuperare. Stesso discorso per l'Asl di Brindisi che su un totale di 3,7 milioni di euro, fino a ora ha recuperato qualcosa come 987mila euro (il 27 per cento del totale). L'Asl di Lecce, invece, si è mossa prima e dei 5 milioni di euro da recuperare (fra esenzioni ticket non veritiere e mancate didette di prestazioni cup non effettuate) finora è riuscita a incassare circa il 70 per cento della cifra. Non è un caso se a questo punto tutte le Asl si stanno muovendo per affidarsi a ditte specializzate nel recupero crediti. «Noi -dice Ottavio Narracci, direttore generale dell'Asl di Lecce - abbiamo un pool amministrativo dedicato a questo problema. Ora stiamo pensando di affidare la parte della riscossione coatta all'Agenzia delle entrate. Anche perché noi non siamo ispettori del fise e in certi casi, in cui la cifra da recuperare è di poche decine di euro, bisognerebbe anche capire quanto vale mettere in moto la macchina amministrativa».