Anelli: "In questo modo i medici scappano Dovremo andare tutti a curarci in Veneto"

Il risultato dell'autonomia differenziata sarà la scomparsa della sanità pubblica.

venerdì 25 novembre 2022

"Il risultato dell'autonomia differenziata sarà la scomparsa della sanità pubblica. I medici andranno tutti a lavorare dal governatore Zaia, che potrà aumentarci gli stipendi, e i cittadini del Sud dovranno accontentarsi di cure di serie B". Non usa giri di parole Filippo Anelli, presidente dell'Ordine dei medici di Bari e della Fnomceo (la Federazione nazionale degli ordini), che immagina una soluzione esattamente opposta alla devoluzione di competenze. "Chi ha i soldi, o magari ha una assicurazione, potrà scegliere dove andre a curarsi. Tutti gli altri dovranno accontentarsi di ciò che possono avere gratis. La realtà è che oggi il sistema sanitario costa troppo per come è organizzato, e non è possibile continuare a risparmiare tagliando sul personale". Quindi cosa propone?

"Le Regioni spendono troppo rispetto a quanto si potrebbe risparmiare con una organizzazione centralizzata: costi amministrativi, appalti, forniture. L'accentramento, e l'utiliz zodell'informatica, ridurrebbe il peso dei servizi. E il risparmio andrebbe speso per sostenere i profesisonisti. Il lavoro nel sistema sanitario nazionale non è più attrattivo, per questo non solo i medici vanno nel privato ma scelgono direttamente l'estero. Abbiamo retribuzioni tra le più basse d'Europa, e ai giovani medici vengono proposti solo contratti a termine. Chi va in Spagna, a parità di mansioni con l'Italia, arriva a prendere 70mila euro l'anno in più". E con l'autonomia i medici italiani che faranno?

"Le Regioni del Nord avranno più risorse, e poiché avranno libertà assoluta anche sui professionisti, aumenteranno gli stipendi e i nostri andranno dove il mercato crea maggiori guadagni. Questa prospettiva determinerà un ulteriore aumento delle disuguaglianze". Il riparto del fondo sanitario dovrebbe garantire 2 miliardi in più nel 2023. Bastano?

"È ossigeno, sicuramente, ma se non abbiamo risorse dobbiamo ridurre i costi. Ma non bloccando le assunzioni, ribaltando sui professionisti carichi di lavoro insostenibili. Serve un dimagrimento dei servizi amministrativi, delle tecnostrutture, dell'organizzazione ospedaliera e delle aziende pubbliche. Proviamo a fare una riorganizzazione su ciò che non è medico. Dopodiché, è innegabile che i livelli di assistenza siano molto diversi tra Nord e Sud.

"Uno dei meccanismi che alimenta le ingiustizie sociali è proprio la mobilità. Per ridurla noi proponiamo le reti sovraregionali: spostiamo i medici da Nord a Sud, lì dove servono, così da condividere le competenze e far crescere la professionalità. Immaginiamo nuove modalità organizzative, perché questo Ssn da 20 anni non risolve le disuguaglianze e i centri di eccellenza sono tutti al Nord. Le competenze vanno condivise all'interno di una rete. Resta poi da capire perché, se Puglia e Toscana hanno quasi lo stesso numero di abitanti, nella seconda la sanità ha quasi il doppio dei dipendenti...

"Ma infatti i criteri storici devono essere superati. E resta la storica battaglia sulla ripartizione dei fondi, inserendo anche l'indice di deprivazione". Sulle liste d'attesa non ritiene che ci sia, nel pubblico, anche un problema di efficienza? Come è possibile che a parità di dotazioni il privato faccia un numero di prestazioni molto maggiore?

"Non c'è dubbio che ci sia un problema di efficienza del sistema. Dobbiamo recuperare l'arretrato di due anni di pandemia in aggiunta all'attività ordinaria. Bisogna catalogare le prestazioni necessarie e concordare le soluzioni con i medici, al pubblico e al privato accreditato. Il problema vero è che nessuno vuole trovare le risorse"