Certificati di malattia, per soggetti in isolamento sì a visite a distanza

Mobilitati i legali. Ferrari: una situazione d'emergenza riconosciuta da un'autorità sanitaria comporta la necessità di derogare

domenica 23 febbraio 2020

Niente visite a domicilio con tuta e occhialoni. Nelle regioni colpite a fronte di una telefonata "sospetta" di Covid-19 il medico di famiglia sta avendo l'indicazione di non recarsi lui a domicilio, semmai di dotarsi di strumentazione adeguata, posto che gli ingressi in sale d'attesa piene vanno sconsigliati, come afferma la circolare ministeriale. Ma ad interessare i medici di famiglia è pure una seconda questione: come fare per i certificati di malattia ai cittadini in quarantena, a quelli in isolamento e a quelli sintomatici, visto che la legge Brunetta (dlgs 165/2001) impone di emetterli previa constatazione diretta della patologia, con il malato di fronte?

Ricorda l'avvocato Paola Ferrari sul sito legalcorner.it che "una situazione d'emergenza riconosciuta da un'autorità sanitaria comporta la necessità di derogare agli stretti limiti avendo cura del rispetto delle regole di diligenza necessaria e di formulare giudizi obiettivi e scientificamente corretti".

Ma con quali strumenti visitare da lontano? Le linee guida nazionali di telemedicina suggeriscono tele-consulto, tele-cooperazione sanitaria (operatore sanitario o sociosanitario investe a distanza il medico) o tele-visita con interazione a distanza medico-paziente. L'Asl potrebbe fornire ai pazienti sintomatici l'indicazione di chiamare il medico di famiglia, e il Mmg informato inquadrerebbe il soggetto a rischio telefonicamente o via skype, whatsapp web; accertata la situazione, darebbe consigli sull'iter sanitario e certificherebbe scrivendo poi sulla scheda sanitaria che "il paziente dichiara determinati sintomi, è stato analizzato in televisita/teleconferenza, dice di essere/non essere stato a contatto con persone o zone contaminate, di avere o non avere frequentato aree a rischio, vive con..., i sintomi lasciano/non lasciano pensare ad emergenza". Il problema per le certificazioni di malattia a distanza lo hanno posto Paola Pedrini segretaria Fimmg Lombardia e Roberto Carlo Rossi presidente Omceo Milano, la prima ha sottolineato che l'Inps non è necessariamente al corrente dei casi di soggetti impossibilitati a recarsi al lavoro nei comuni-focolaio; il secondo ha inviato all'assessore al Welfare Giulio Gallera e al governatore una mail dove chiede l'autorizzazione temporanea, per motivi di sanità pubblica, a rilasciare certificati di malattia con consulto telefonico in caso di sintomi influenzali banali, nonché l'immediata messa a regime della reale smaterializzazione delle ricette senza la stampa del promemoria "per evitare l'inutile sovraffollamento degli studi medici e il sovraccarico della continuità assistenziale".
Enzo Scafuro segretario Sindacato medici italiani lombardo suggerisce due iter distinti: uno per le persone poste in quarantena (i familiari dei contagiati), alle quali dovrebbe essere l'Asl come autorità sanitaria ad inoltrare all'Inps le generalità per l'indennità di malattia; l'altro per la certificazione dell'astensione temporanea dal lavoro in caso di domiciliazione fiduciaria per monitoraggio clinico (i residenti nei comuni focolaio del Lodigiano) in cui andrebbe permesso al Mmg scrivere su richiesta del lavoratore "Emergenza Covid-19". Scafuro chiede anche che il mmg sia messo al corrente del risultato di ogni tampone e che questo sia inserito nel fascicolo sanitario. Francesco Esposito (Fismu) oltre alla comunicazione telefonica per il certificato così da evitare possibili contagi rilancia l'autocertificazione dei primi 3 giorni di malattia da parte del lavoratore. Il presidente della Società italiana di medicina generale Claudio Cricelli annuncia che con Fimmg è stato attivato un board sia per aggiornare la scheda di valutazione telefonica del rischio da Covid-19 sia per chiedere chiarimenti all'Inps sui certificati di malattia, sia per la visita medica del mmg/CA, sia per la successiva rivalutazione di un medico fiscale.

La certificazione a distanza tocca i contatti con i sintomatici e apre a una seconda questione: la sicurezza dei medici. Che non sono tanti, e se diventano tutti "contatti stretti" di malati Covid-19 o peggio "contagiati" la normativa li ferma. A Vo' Euganeo dei titolari sono già avvicendati da sostituti in attesa degli esiti del tampone. Scafuro (Smi) suggerisce il tampone obbligatorio a tutti i Mmg. Fimmg denuncia che nei comuni focolaio i colleghi di guardia medica sono senza DPI e valuta una diffida ai direttori generali. Analoga  «Ci mandano a combattere la guerra con le scarpe di cartone -tuona il leader Snami Angelo Testa- al momento non c'è alcuna risposta alle richieste minimali di dotazioni per assistenza primaria, continuità assistenziale, 118». Snami chiede alle Asl di usare subito parte dei 235 milioni stanziati per le dotazioni tecnologiche, ma c'è silenzio. Pure l'ospedale lamenta scarsa informazione, al centro infettivologico di Schiavonìa (Padova) il personale nota: «ieri i negativi uscivano con indicazione ad avere la mascherina in famiglia ma senza indicazione ad isolamento, nessuna mail è giunta dall'Ulss6». Letta la circolare ministeriale sulle dotazioni, gli ospedalieri Anaao Assomed affermano che non tollereranno: la mancanza di idonei DPI, magari per "esaurimento scorte"; l'assenza di una struttura di triage pre-ospedaliero, con ambulanze dedicate e spazi idonei separati dai Ps, che contrasti l'accesso "spontaneo" di pazienti sintomatici; carenze di personale che potrebbero ripercuotersi sia nel trattamento di casi sospetti sia nell'attesa per l'esito dei tamponi.
«Vari dottori e sanitari si sono contagiati. È prioritario che tutti gli ospedali siano forniti di DPI, ma non è così», avverte il presidente Fnomceo Filippo Anelli. «Non proteggere i medici significa rischiare carenze di assistenza proprio quando serve evitare che l'attuale emergenza si trasformi in epidemia, i Dpi vanno distribuiti subito dove mancanti». Vista la situazione, aggiunge Anelli, «anche i casi di apparente semplice influenza vanno trattati come potenziali casi di coronavirus fino a prova contraria, con le dovute tutele».

Mauro Miserendino