Medici di famiglia, si fa strada l'ipotesi dipendenza. Il caso Veneto

Si parla di assumere 3100 medici convenzionati così che il loro orario salga a 38 ore settimanali

giovedì 10 maggio 2018

Doctor 33

I medici di famiglia diventano davvero dipendenti in Veneto? Se ne parla a partire dalle frasi di un consigliere regionale, Fabrizio Boron, presidente V Commissione sanità, che ventila di assumere i 3100 medici convenzionati così che il loro orario salga a 38 ore settimanali e i loro compiti siano quelli dei dipendenti, incluse le visite domiciliari nei paesi di montagna.

Più diplomatico, il governatore Luca Zaia parla di un processo di riforma delle cronicità che coinvolge anche medici dipendenti nella presa in carico dei fragili, in attesa di capire se vi siano margini nell'autonomia contrattata con lo stato centrale. La dichiarazione, che arriva all'indomani della rinuncia della regione a insistere con le medicine di gruppo integrate -costerebbero troppo e fanno sforare i parametri concordati con il Ministero dell'Economia - raccoglie qualche consenso dai sindacati confederali e Ildo Antonio Faniamedico di famiglia di Intesa Sindacale rivela ai media locali che nella sua sigla uno su due è per la dipendenza.

A supporto di una rivoluzione che confliggerebbe con la legge nazionale 833 del 1978 c'è poi una dose di autonomia contrattata a fine legislatura dal presidente Zaia con il ministro delle Regioni Gianclaudio Bressa. Previo ok in Parlamento, sia Veneto sia Emilia Romagna e Lombardia potranno rimuovere i vincoli di spesa nel gestire il personale pubblico e sbloccare i turnover. Soprattutto, il Veneto ha ottenuto margini di manovra sul personale convenzionato e accreditato e la possibilità di ridisegnare l'attività libero professionale e la remunerazione.

«Quali che siano i margini di autonomia della regione nel cambiare la legge 833 difficilmente si potranno cambiare le norme europee che assoggettano il medico di famiglia a un percorso formativo peculiare, tre anni per il diploma post-laurea. Parlo di norme che, causa errori di programmazione dello stato italiano, hanno portato i medici di famiglia ad essere merce rara, tanto che nel 2025 avremo 1,5 milioni di cittadini veneti sprovvisti di curante», afferma Domenico Crisarà segretario Fimmg Veneto.

 «Ora, nelle dichiarazioni di presidente e assessore, quale che sia la forma di ingaggio futura, sulla gestione delle cronicità il peso del medico risulta importante; dunque, noi medici di famiglia veneti contratteremo da una posizione di forza e, dipendenza o convenzione, il contratto porterà vantaggi economici e oneri per la controparte. Quanto al principio di autonomia, è corretto volere servizi sempre migliori nella propria regione, ma non a discapito dei diritti costituzionalmente riconosciuti in tutta Italia. Nelle regioni povere l'assenza di risposte dei servizi sanitari a fronte dell'autonomia conseguita dalle regioni più efficienti, se vissuta come frutto del disinteresse di una parte d'Italia verso un'altra, potrebbe provocare conflitti sociali». I medici di famiglia diffidano della dipendenza perché alle regioni all'atto pratico costa troppo e non arriverà mai o perché non consente di lavorare bene?

«L'esercizio libero professionale in convenzione è un principio insito nella medicina di tutto il mondo: è il rapporto ideale, in cui il medico è scelto dal cittadino, ricco o povero», dice Crisarà. «Siamo l'unica categoria di medici "elettiva" e con gli assistiti costruiamo un rapporto libero da condizionamenti. Se il mio assistito è contento di me, bene. Se non lo è mi revoca e prende il mio collega a due passi da me; non è possibile scegliere altrettanto facilmente la struttura di cura. Se un padovano è insoddisfatto dell'ospedale locale, ricoverarsi a Verona è già meno facile, come del resto scegliere il medico che ti assiste in ospedale nel Servizio sanitario pubblico. Portare a dipendenza il medico di famiglia vuol dire restringere la libertà di scelta del cittadino e condizionare il rapporto, più a svantaggio del paziente che del medico stesso».

Liliana Lora, segretario regionale Smi Veneto, dice no a privatizzazioni di fatto dell'attività dei mmg, attraverso la fornitura di pacchetti prestazionali, o a passaggi ad una pseudo dipendenza «per aumentare ingiustamente e impropriamente l'orario di lavoro e la flessibilità. Per mere ragioni di cassa e scarsa lungimiranza si mette la parola fine sia al progetto di medicina di gruppo integrata, sia al modello Veneto di capillarità della medicina territoriale preso a riferimento anche all'estero. Se dipendenti, smetteremo di lavorare oltre 40 ore settimanali, (altro che 17 ore come sostiene qualcuno in malafede) tra ambulatorio, visite domiciliari e presa in carico dei cronici, e godremo di tutele, ferie, malattie, maternità, oggi non riconosciute».

Mauro Miserendino