Corte dei Conti: prescrizioni fuori note AIFA

L'onere della prova spetta alla ASL.

giovedì 22 giugno 2017


Doctorsite.it

La Corte dei Conti della Lombardia con la sentenza n. 64/2016 precisa che non è il medico che deve dimostrare di aver prescritto secondo le note AIFA, ma è la ASL che deve dimostrare il contrario. Le note prescrittive costituiscono un mezzo per assicurare l'appropriatezza d'impiego dei farmaci, orientando, in alcuni casi, le scelte terapeutiche a favore di molecole più efficaci e sperimentate, ma il medico fa la differenza nella prescrizione e nel monitoraggio terapeutico.

Ciononostante, facendo corretta applicazione delle norme in tema di distribuzione dell'onere probatorio tra le parti (articolo 2697 del codice civile), deve ritenersi che nel giudizio erariale (quello che si svolge appunto davanti alla Corte dei Conti), non spetti al medico convenuto di provare che i pazienti soffrissero effettivamente di patologie rientranti tra quelle indicate dalle note AIFA (nella fattispecie quelle relative ai numeri 2, 5, 48 e 48-bis), ma viceversa sia l'attore e quindi la Procura della Corte dei Conti, a dover provare il contrario.

Questa è l'opinione espressa dalla Corte dei Conti della Lombardia con la sentenza 64/2016 del 12 aprile,2016,  che ha mandato assolto un medico di famiglia accusato di avere superato «le medie prescrittive della propria azienda sanitaria locale».

Nel 2015 la Procura erariale chiamò in causa un medico di medicina generale lombardo per sentirlo condannare al risarcimento di euro 12.956,67 oltre accessori, per asserita iperprescrizione di farmaci per il periodo 2002-2004. Il medico si difese, eccependo la prescrizione e, nel merito, la totale assenza di parametri che permettessero di riscontrare sia l'effettivo superamento delle «medie prescrittive» e l'assoluta genericità delle accuse che lo costringevano, 12 anni dopo, a dover dimostrare, in una sorta di causa esplorativa, di avere correttamente prescritto.

Il fondamento della domanda proposta è infatti che le prescrizioni siano state effettuate al di fuori dei casi contemplati nella nota AIFA di riferimento o, per riportarsi (in negativo) alla dizione normativa, che non siano state «conformi alle condizioni e alle limitazioni previste dai provvedimenti della Commissione unica del farmaco» (articolo 1, comma 4, del decreto legge 323/1996 cit.). Nel caso specifico la prova, secondo la Procura, sarebbe data dall'assenza di documentazione (diagnostica strumentale, indicazione specialistica, ecc.) negli archivi dell'ASL, che dimostri l'esistenza delle patologie che avrebbero giustificato la prescrizione dei farmaci.

Ma tale fatto, affermano i giudici, non costituisce dimostrazione, neppure di tipo presuntivo, di quanto contestato, considerando, per un verso, che non è obbligo del medico conservare copia di referti o prescrizioni di medici specialisti o quant'altro, per altro verso che l'assenza di riscontro negli archivi della ASL di esami o visite specialistiche non è significativa (non potendosi escludere che il paziente li abbia effettuati a proprie spese).

La fattispecie rientra nel filone di sentenze emesse dalla medesima Corte (cfr. sentenze 9/2010, 404/2010, 374/2011, 726/2011), la quale ha espresso un orientamento giurisprudenziale, ormai costante, secondo il quale le medie prescrittive sono un segnale utile per giustificare l'accertamento ma non una ragione sufficiente per supportare automaticamente l'esistenza di un danno erariale. In quelle pronunce, la Corte lombarda rilevò che il medico ha il dovere di monitorare le terapie dei propri assistiti e prescrivere i farmaci secondo i criteri di economicità, appropriatezza ed efficacia dell'intervento. L'osservanza di tali princìpi rientra nella responsabilità del medico che, in base alla propria preparazione scientifica, è in grado di determinare la propria attività, indipendentemente dai controlli dell'ASL e dai report prescrittivi.

Il punto focale, non è solo quello di diritto, ma l'emersione di un sistema di controlli inefficiente e inefficace che espone il medici,  anni dopo, a dover giustificare una spesa clinica. È evidente che un sistema così fatto non giova alla pubblica amministrazione, al medico e neppure al paziente.