Helicobacter pylori: Aperta la strada a nuove terapie

Enorme l’interesse della comunità scientifica, vista la diffusione di questa infezione

martedì 18 agosto 2015

Quotidiano Sanità
Un’eccezionale scoperta dell’Università di Nottingham potrebbe aprire la strada ad una nuova generazione di farmaci contro il batterio dello stomaco. Enorme l’interesse della comunità scientifica, vista la diffusione di questa infezione, che interessa una persona su due nel mondo e i casi sempre più frequenti di resistenza alle terapie antibiotiche.


17 AGO - Se non fosse per tutti i problemi di salute che causa, l’Helicobacter pylori sarebbe per certi aspetti da ammirare come miracolo evolutivo, vista la sua capacità di sopravvivere nell’ambiente assurdamente acido dello stomaco.
 
Si stima che alberghi nello stomaco di una persona su due nel mondo, ma non in tutti provoca problemi. L’H. pylori, resta tuttavia, una delle infezioni batteriche più comuni del mondo ed è causa di gastriti, ulcere peptiche e tumori dello stomaco.
 
Questo bizzarro batterio, la cui scoperta è valsa nel 2005 il premio Nobel ai suoi scopritori, gli australiani Barry J. Marshall e J. Robin Warren, attraverso una serie di adattamenti evolutivi ha imparato a eludere l’azione antisettica dei  succhi gastrici, nascondendosi all’interno dello strato di muco che riveste la parete dello stomaco, una barriera che la protegge dall’attacco dei succhi gastrici che con la loro acidità la danneggerebbero.
 
Penetrato all’interno dello strato di muco l’Helicobacter si ancora con le sue proteine di adesione ad alcuni zuccheri che si trovano nella parete dello stomaco. Una volta legatosi saldamente alla parete, lo stomaco non riesce più a scrollarsi di dosso questo patogeno, libero a questo punto di fare tutti i suoi danni.


 
 
Ma il batterio dello stomaco potrebbe avere le ore contate, nonostante tutti i suoi stratagemmi darwiniani. Un gruppo di ricercatori della facoltà di Farmacia dell’Università di Nottingham ha infatti annunciato di aver scoperto il meccanismo molecolare utilizzato dal batterio per ancorarsi agli zuccheri dello stomaco. E i risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su Science Advances.
 
“La nostra scoperta – afferma Naim Hage, tra gli autori dello studio – rappresenta decisamente una buona notizia per i pazienti, anche se c’è ancora molto da lavorare”.  A questi risultati, Hage e colleghi sono giunti utilizzando una tecnologia a raggi X molto potente, che ha consentito di studiare le interazioni tra la proteina di adesione BabA dell’H. pylori e gli zuccheri di Lewisb della mucosa gastrica. In questo modo i ricercatori inglesi hanno potuto scoprire che la proteina BabA presenta ad un’estremità una sorta di incavo, che le consente di ancorarsi saldamente agli zuccheri gastrici, formando una serie di ‘ponti’ a idrogeno. Ed è proprio cercando di far saltare questi ‘ponti’, che i ricercatori ora sperano di trovare la soluzione definitiva per liberare gli stomaci di mezzo mondo, dalla colonizzazione del pericoloso batterio.
 
La terapia anti-Helicobacter del futuro si baserà verosimilmente proprio su una strategia ‘anti-adesione’ che consentirebbe di far mollare la presa al batterio, attraverso degli inibitori di BabA-Lewisb. E sarebbe una fortuna perché  in tutto il mondo l’Helicobacter pylori sta sviluppando resistenze a diverse terapie antibiotiche, quelle attualmente utilizzate per il trattamento.
 
“Visto che la proteina BabA è unicamente presente nell’H. pylori – spiega Hage - possiamo colpire in maniera specifica ed eradicare questo batterio, senza andare a danneggiare gli altri batteri ‘buoni’ della flora batterica normale. Questa strategia potrebbe inoltre rivelarsi estremamente utile per trattare le infezioni da H. pylori già resistenti agli antibiotici”.
 
“Questo studio non solo offre una serie di risposte a domande fino ad oggi senza risposta, tipo come faccia l’Helicobacter a colonizzare lo stomaco – afferma il dottor Franco Falcone, primo autore della ricerca – ma rappresenta anche il primo passo verso la messa a punto di nuove terapie. Nei prossimi anni sapremo se l’approccio anti-adesione BabA funziona davvero. In questo caso saremo pronti a passare alla ricerca clinica. Un approccio simile si sta già rivelando interessante nel trattamento di infezioni delle vie urinarie in modelli preclinici”.
 
Maria Rita Montebelli