Stipendio solo con bonifico in banca o in posta

Addio contanti nel pagamento dello stipendio. La firma sulla busta paga non potrà avere valore di quietanza.

sabato 08 aprile 2017

La Legge per Tutti

A breve sarà vietato pagare lo stipendio in contanti, anche se si tratta di piccoli importi. L’unico modo che l’azienda avrà per versare la retribuzione al dipendente sarà quello del bonifico bancario o postale. Ciò per evitare che al lavoratore venga materialmente consegnata una somma inferiore rispetto a quella riportata in busta paga. È vero: ci sono aziende che, dopo aver bonificato lo stipendio sul conto, se ne fanno poi restituire una parte in contanti, ma in tal caso al lavoratore resta la prova di tale illecito grazie alla tracciabilità del prelievo; senza contare che questi potrebbe anche rifiutarsi senza per questo essere licenziato.

A prevedere l’obbligo di pagare le retribuzioni tramite bonifico bancario o postale è una proposta di legge (atto camera 1041), presentata nel 2013 ma che nelle ultime settimane ha subito un’accelerazione, con l’esame delle commissioni della Camera.

In questo modo la retribuzione potrà essere corrisposta solo tramite istituti bancari o uffici postali utilizzando un bonifico, oppure in contanti ma comunque presso uno sportello bancario o postale, o, ancora, con un assegno emesso dalla banca o dalla posta e consegnato direttamente al lavoratore o a un suo delegato. La normativa varrà per tutti i rapporti di lavoro subordinato, includendo in tale definizione anche le collaborazioni e i contratti delle cooperative con i soci.

Si stabilisce inoltre che la firma della busta paga da parte del lavoratore non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.
 
Pagamento tramite bonifico sul conto: perché?

La proposta di legge offre una soluzione a un problema che colpisce moltissimi lavoratori. È infatti noto che alcuni datori di lavoro, sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione, corrispondono ai lavoratori una retribuzione inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, pur facendo firmare al lavoratore, molto spesso, una busta paga dalla quale risulta una retribuzione regolare.

Tale prassi deprecabile rappresenta un grave danno per i lavoratori i quali vengono non solo depauperati di parte del lavoro prestato, ma sono lesi nella loro dignità e nel diritto a una giusta retribuzione, in violazione della Costituzione. Al contrario, la corresponsione di una retribuzione inferiore si risolve in un vantaggio illecito per il datore di lavoro.

La proposta di legge introduce un semplice meccanismo antielusivo consistente nel rendere obbligatorio il pagamento delle retribuzioni attraverso gli istituti bancari o gli uffici postali. I datori di lavoro titolari della partita dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), dalle società quotate alle imprese individuali, potranno servirsi dell’istituto bancario di riferimento o degli uffici postali per effettuare il pagamento delle retribuzioni ai propri lavoratori. La scelta del sistema di pagamento è rimessa direttamente al lavoratore, il quale potrà optare per l’accredito diretto sul proprio conto corrente, per l’emissione di un assegno oppure per il pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale.

La pluralità di modalità di pagamento consente di non rendere obbligatoria, per il lavoratore, l’apertura di un conto corrente bancario o postale. Si stabilisce che la firma della busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.
 
Il datore di lavoro, al momento dell’assunzione, comunica obbligatoriamente al centro per l’impiego competente gli estremi dell’istituto bancario o dell’ufficio postale che provvederà al pagamento delle retribuzioni al lavoratore, nel rispetto delle norme poste dal codice in materia di protezione dei dati personali.

La comunicazione, per evitare di attribuire nuovi carichi burocratici ai datori di lavoro, sarà inserita nello stesso modulo che i datori di lavoro inviano obbligatoriamente al centro per l’impiego quando compiono nuove assunzioni. La modulistica sarà opportunamente modificata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge per permettere l’effettuazione corretta della comunicazione, che potrà essere inviata anche telematicamente, secondo quanto previsto dalle norme vigenti in materia.

Allo stesso modo l’ordine di pagamento potrà essere annullato solo con trasmissione all’istituto bancario o all’ufficio postale di copia della lettera di licenziamento o delle dimissioni del lavoratore, rese secondo le modalità di legge. È fatto salvo l’obbligo di effettuare tutti i pagamenti dovuti al lavoratore dopo la risoluzione del rapporto di lavoro.

La presente proposta di legge prevede, inoltre, la stipula di una convenzione tra il Governo e l’Associazione bancaria italiana e la società Poste italiane Spa che individua gli strumenti bancari e postali idonei per consentire ai datori di lavoro di eseguire il pagamento della retribuzione ai propri lavoratori, con l’importante clausola che ciò non deve determinare nuovi oneri per le imprese e per i lavoratori. A titolo esemplificativo, si potrà fare ricorso ai molti servizi che già oggi offrono i conti correnti per le imprese (ad esempio, boni- fico domestico, servizio di incasso diretto dei redditi «rapporti interbancari diretti » (RID) eccetera), oppure potranno esserne proposti nuovi. La convenzione dovrà essere sottoscritta obbligatoriamente entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
 
Sono esclusi dall’obbligo di pagare lo stipendio tramite bonifico bancario o postale i datori di lavoro che non sono possessori della partita dell’IVA, i quali spesso non sono neanche titolari di un conto corrente. In questo modo sono esclusi, ad esempio, i rapporti di lavoro domestico, nei quali datori di lavoro sono spesso persone anziane o disabili, oppure i rapporti instaurati dai piccoli o piccolissimi condomini, ad esempio per la pulizia delle scale o per la manutenzione del verde condominiale.

Sono, infine, previste sanzioni per i datori di lavoro che non ottemperano agli obblighi introdotti dalla legge. Chi non comunica al centro per l’impiego gli estremi dell’istituto bancario o dell’ufficio postale che effettuerà il pagamento delle retribuzioni è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria di 500 euro e al successivo accertamento della direzione provinciale del lavoro, che verificherà se le retribuzioni sono corrisposte direttamente dal datore di lavoro al lavoratore, nel qual caso sarà comminata una sanzione amministrativa pecuniaria che varia da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 50.000 euro.