Contro il colesterolo una superpillola da 6mila euro l'anno
E quanto potrebbe costare, a paziente, il rimedio Usa che l'Aifa sta provando a importare a prezzo scontato
domenica 20 settembre 2015

La carica dei superfarmaci non si arresta. Deve ancora essere definitivamente risolta la questione dei costosissimi medicinali per l'epatite C e già si presentano nuovi problemi. Quello più grosso, al momento, non riguarda una malattia, ma un fattore di rischio molto diffuso: il colesterolo alto. Negli Usa sono stati approvati due anticorpi monoclonali, il Praulent ( principio attivo alirocumab) di Sanofi e il Rephata ( principio attivo evolocumab) di Amgen, che promettono di essere efficaci per abbassare livelli molto alti di Ldl, il cosiddetto "colesterolo cattivo". Anche Ema, l'autorità del farmaco europea, ha dato un primo ok e presto le varie agenzie regolatone, come l'italiana Aifa, tratteranno il prezzo con le aziende.
Negli Usa i due farmaci sono stati messi in vendita a 14 mila dollari a paziente per ogni anno di trattamento. La cifra in sé non appare altissima, il guaio è la grande diffusione del problema. Secondo le prime stime, e a stare anche bassi, l'impatto economico potrebbe essere di circa 500 milioni di euro all'anno. Un bel colpo per il fondo sanitario nazionale, anche perché si tratta di una spesa che deve essere sostenuta ogni anno. All'Agenzia del farmaco la preoccupazione è tangibile, anche perché sempre in questo periodo si dovranno prendere decisioni pure su costosissimi nuovi farmaci contro il cancro e l'Alzheimer.
In Italia ci sono circa un milione 800 mila persone che assumono statine, i vecchi medicinali per il colesterolo, quasi tutti ormai con il brevetto scaduto. Per acquistarli si spendono oltre 600 milioni all'anno. I due nuovi anticorpi hanno avuto prima di tutto l'autorizzazione per un tipo di ipercolesterolemia, quella familiare e cioè ereditaria, che colpisce le persone già da giovani ed è generalmente più complessa da controllare. Ne soffrono circa 600 mila italiani, dei quali circa la metà vengono trattati.
Visto che però i nuovi farmaci sono indicati come seconda ipotesi, cioè quando non funzionano le statine, si stima che che potrebbero averne bisogno più o meno 80 mila persone. Se Aifa strapperà un buon prezzo, anche di appena emila euro a trattamento, si arriverebbe comunque a una spesa di circa mezzo miliardo. Ma se in Agenzia la trattativa si fermerà a un prezzo più alto, i costi allora lieviteranno, e pure di molto. Stesso effetto potrebbe aversi in un altro caso. I nuovi anticorpi sono indicati anche per le persone con ipercolesterolemia non familiare alle quali le statine danno effetti collaterali.
La corte di persone da trattare potrebbe aumentare, visto che molti potrebbero chiedere al proprio medico di passare ai nuovi farmaci perché con i vecchi accusano disturbi vari. Non si può escludere che le industrie eserciteranno varie pressioni su dottori e pazienti per far aumentare il più possibile il numero delle persone trattate.
Quello dei fattori di rischio, tra l'altro, è da sempre uno dei settori in cui le aziende farmaceutiche esercitano il cosiddetto disease mongering, cioè la mercificazione delle malattie, per spingere le persone a consumare medicinali facendole sentire, appunto, malate. Uno dei sistemi è quello di spingere le società scientifiche ad abbassare i valori massimi, come quelli del colesterolo. Oggi, per chi non è a rischio, il limite è considerato 115, un tempo era addirittura 200. Molto spesso gli stili di vita corretti ( alimentazione, moto, eccetera) permettono di tenere sotto controllo l'Ldl anche senza farmaci, ovviamente se i valori non sono sballati. Ma le buone abitudini non sono redditizie per chi commercia medicinali. Negli Stati Uniti il trattamento è venduto già a 14mila dollari per dodici mesi Da noi potrebbero ricorrervi i quasi due milioni di malati che assumono statine