Fuga dagli ospedali: medici quasi tutti pronti a lasciare

Un'indagine condotta da una federazione di categoria racconta la crisi d'una ex professione nobile

martedì 08 febbraio 2022

Un'indagine condotta da una federazione di categoria racconta la crisi d'una ex professione nobile Fuga dagli ospedali: medici quasi tutti pronti a lasciare Cimo-Fesmed ha intervistato poco più di 300 camici bianchi e i risultati raccontano la crisi irreversibile di chi non riesce più a trovare stimoli dopo il giuramento di Ippocrate. Accade in Puglia dove, purtroppo, non si vedono ancora vie di uscita

Rabbia, disillusione, impotenza e tanta, ma tanta voglia di mollare tutto anche se, magari in tempi remoti, ci si è sottoposti a un giuramento che sapeva di missione sacra e indifferibile, sono i sentimenti che animano i medici, pugliesi e non solo.

Ma, per rimanere dalle nostre parti, solo il venticinque per cento dei medici ospedalieri pugliesi, potendo scegliere, continuerebbe a lavorare in un ospedale pubblico. Il diciotto per cento aspetta e sogna la pensione, i rimanenti fuggirebbero all'estero, vorrebbe dedicarsi alla libera professione o, se potesse, preferirebbe lavorare in una struttura privata. Addirittura, il 25,6% appenderebbe il camice bianco al chiodo e sceglierebbe un'altra professione. È quanto emerge dal sondaggio condotto dalla Federazione CIMO-FESMED, il sindacato più rappresentativo della categoria nella Regione Puglia, cui hanno risposto trecentosette medici. Insomma, i numeri parlano chiaro e raccontano di una categoria allo sbando più totale, affidato a dirigenti, direttori e amministratori che rispecchiano fedelmente professionisti affossati nella disperazione più totale. Un malcontento che ha radici lontane, per dirla tutta, reso ancora più profondo dagli anni di emergenza Covid-19 che solo attraverso i racconti enfatizzati dai mass/media hanno visto i medici in prima linea o impegnati addirittura come eroi. La realtà nei nostri ospedali è assai diversa, purtroppo, dall'agiografia spicciola che certi politici o amministratori raccontano nei solo salotti, lontano dalle realtà di ospedali dove i medici rimasti nei reparti di emergenza si contano sulle dita di una mano per coprire turni di mesi.

Analizzando i risultati di questa indagine che dovrebbe far riflettere parecchio presidenti, assesori e capi-dipartimento, emergono con forza infatti le cause di tale insoddisfazione: il 67% dei medici pugliesi è costretto agli straordinari, e di questi il 17% lavora più di 48 ore a settimana, violando la normativa europea sull'orario di lavoro. Ore impiegate, perlopiù, compilando atti amministrativi: il 73% ritiene infatti eccessivo il tempo da dedicare alla burocrazia. Impossibile per molti, infine, andare in ferie: il 63% dei medici pugliesi che hanno risposto al sondaggio ha infatti accumulato più di 50 giorni di ferie.

Non c'è da sorprendersi, allora, se il 18% ritiene "pessima" la qualità della propria vita. Ma non basta.

A complicare le cose, poi, sono stati senza dubbio due anni di emergenza causati dal Covid-19, che hanno aumentato lo stress psicofisico (ritenuto elevato dal 73% dei medici) e la percezione del rischio professionale (alto per il 67% degli aderenti) e della sicurezza della propria famiglia (62%). Contemporaneamente, peggiorano in modo drammatico le aspettative che i medici pugliesi hanno per il proprio futuro: solo il 24% spera nel miglioramento della professione, il 10% nello sviluppo della propria carriera e, addirittura, il 3% in un aumento di stipendio.

"L'insofferenza dei colleghi è palpabile negli ospedali – commenta il segretario di CIMO/Puglia Arturo Oliva -, ed il rischio che molti decidano di rinunciare alla dipendenza del Servizio Sanitario Nazionale è sotto gli occhi di tutti, come dimostrano questi dati. Forse non delle Istituzioni, che continuano a rimanere sorde ai nostri gridi di allarme. Dopo due anni di emergenza sanitaria, i medici meritano delle risposte concrete e un chiaro segnale di riconoscimento. In ballo – conclude Oliva – non ci sono solo la soddisfazione e l'entusiasmo di una categoria essenziale per la comunità, ma il futuro stesso della nostra sanità pubblica". Più chiaro di così...si muore. Francesco De Martino