Cassazione. Le conseguenze civilistiche La responsabilità medica sopravvive alle linee guida
Il medico risponde sempre civilmente anche per danni colposi lievi (Sole24ore)
martedì 19 febbraio 2013
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La responsabilità civile del medico chirurgo per un intervento finito male non è esclusa anche se sono state applicate scrupolosamente le
linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.
Il decreto legge 158/2012, convertito nella legge 8 novembre 2012, che depenalizza la responsabilità dei sanitari per fatti in sostanza
imprevedibili, non tocca minimamente le conseguenze civilistiche per i danni colposi, anche da colpa lieve, provocati al paziente.
La Terza sezione civile della Cassazione (sentenza 4030/13, depositata ieri) torna sul tema sempre caldissimo del rapporto tra
medico e paziente, intervenendo su un territorio molto prossimo alla medicina difensiva. Il caso nasceva dall'odissea, non solo giudiziaria,
di una donna emiliana operata nel 1993 per un sospetto tumore - in realtà inesistente - e che a causa dell'intervento aveva poi riportato
una invalidità permanente quantificata in dieci punti.
Secondo la difesa dei responsabili civili - cioè la compagnia di assicurazione e la Asl locale - la depenalizzazione dello scorso anno,
almeno nei limiti definiti dall'articolo 3, renderebbe improcedibile anche ogni azione di risarcimento civilistico. Una interpretazione,
questa, smentita dallo stesso tenore letterale della norma - argomenta la Cassazione - visto che nel di 158 è fatta esplicitamente
salva la clausola generale del neminem laedere (articolo 2043 del Codice civile) tantopiù in un ambito che «riguarda diritti umani
inviolabili quale è la salute».
Non solo. Anche se i medici provassero una propria colpa lieve affievolita appunto dall'aver fatto "il meglio" stabilito dalla comunità
scientifica in quel momento storico - questa prova «non esime dalla responsabilità civile, che considera la colpa in una dimensione lata,
inclusiva del dolo e della diligenza professionale, e nel caso di specie i medici e la struttura non hanno dato la prova della esimente della
complicanza non prevedibile e non prevenibile, prova che incombe alla parte che assume l'obbligo di garanzia della salute».
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