Ospedali, rasoio Emiliano In Puglia da 40 a 31: in 9 chiuderanno, ma parità di posti letto
Via agli accorpamenti, ma sarà battaglia nei centri interessati: Chiuderanno 9 ospedali Ecatombe a Brindisi, si salva Lecce
sabato 20 febbraio 2016

L'incrocio tra dati economici e paletti normativi fornisce la base tecnica. La provocazione del presidente Michele Emiliano garantisce la copertura politica: quello che sarà presentato venerdì sarà un piano di riordino lacrime e sangue, con la chiusura di 9 ospedali su 40 (in realtà 36, perché policlinici e Irccs non si toccano) e soprattutto una enorme «mobilità» di reparti e di personale da un posto all'altro. Ai consiglieri regionali, che ascoltano quasi senza parlare l'esposizione del capo dipartimento Giovanni Gorgoni, il governatore lancia una palla avvelenata: «Questo - di- ce in sintesi - è l'obiettivo da raggiungere. Se qualcuno vuole aiutarci, ci suggerisca cosa chiudere».
La risposta è un altrettanto eloquente silenzio. Lo scenario disegnato da Gorgoni è quello già prefigurato nelle ultime settimane: la necessità di rispettare gli standard contenuti nel decreto ministeriale 70 e le norme sui limiti di spesa della legge di stabilità porta a conseguenze inevitabili. Ieri è emerso l'ultimo step di questo ragionamento, ovvero la probabile (perché poi c'è spazio per scendere di 1-2 unità) chiusura di 9 ospedali. Conseguenze pesantissime a Brindisi (dove salteranno San Pietro Ver-notico, Mesagne e apparentemen- te Fasano) e nella Bat (saranno chiusi Canosa e Trani, ovvero due su 5). A Bari (Terlizzi e Triggiano: inevitabile) e Taranto (Grottaglie) le conseguenze sono quelle prevedibili, così come a Foggia (Lucerà).
Inaspettati gli esiti su Lecce, che conserva i suoi 6 ospedali anche se a costo di una pesante riorganizzazione su cui i vari potentati politici locali stanno già affilando le lame dei coltelli. Va detto che la simulazione presentata di Gorgoni è stata definita come un piano «di massima». Contiene tra le righe, ad esempio, il nuovo ospedale di Monopoli-Fasano, per cui il secondo è compreso tra i tre che chiuderanno a Brindisi ma ovviamente non domani. E contiene soprattutto, in controluce, la revisione dei reparti. È nella nuova suddivisione tra ospedali di base, di primo livello e di secondo (i «centri» della rete): il ministero deUa Salute ha contestato alla Puglia un numero troppo elevato di ospedali di primo livello, a dispetto di quelli di base. Ecco perché i primi diventeranno 9, ed i secondi saliranno a 15: la conseguenza è appunto una transumanza di reparti che in certi casi (Salente) sarà drammatica. La Bat, va poi detto, non avrà un ospedale «hub» di riferimento, risultando quindi «spaccata» tra Policlinico di Bari e Riuniti di Foggia. Il fattore limitante della rior- ganizzazione è infatti il costo del personale.
La Puglia è obbligata a non superare un costo del personale di 1,961 miliardi (al netto degli oneri per i rinnovi contrattuali: 2,398 miliardi in totale) senza i 242 milioni in più che le spetterebbero aU'uscita del piano operativo. Dovendo rispettare la suddivisione due terzi-un terzo tra ospedale e territorio, la spesa per il personale non potrà aumentare rispetto a queUa attuale. Ecco che gli standard imposti dal Dm 70, che fissa un bacino di utenza massimo e minimo per singola disciplina, varranno fino ad un certo punto. Sulla carta le ortopedie in Puglia potrebbero oscillare tra 20 e 41, ma la necessità di garantire il servizio ad invarianza di personale provocherà accorpamenti di reparti. Stesso discorso (anzi: ancora di più) per i punti nascita: inutile sperare che possano essere conservati queUi attuali, perché non c'è il personale necessario a rispettare gli standard ministeriali. I tempi della formulazione definitiva del piano saranno necessariamente brevi.
Sabato 27 è infatti prevista una convention a Bari in Fiera del Levante dove verranno presentati i dettagli e saranno recepite le osservazioni della politica e dei sindacati. Il documento andrà in giunta lunedì 29, l'ultimo giorno utile secondo il ministero della Salute. Questo non significa, tuttavia, chiudere il discorso. Sia perché va tenuto presente il fattore tempo (la chiusura di un ospedale richiede minimo due-tre anni), sia perché è sempre possibile intervenire in corso