La malattia pregressa riduce il danno per errore medico

L'indennizzo deve tenere conto dello stato patologico preesistente

mercoledì 22 agosto 2018

Sole24ore 

Va ridotto l'indennizzo dovuto dalla clinica e dal medico per gli errori commessi durante il parto, se sulla condizione del neonato, pur aggravata dalla condotta dei sanitari, ha inciso una precedente malattia genetica. La Corte di cassazione, con la sentenza 20829, accoglie il ricorso della Asl, tenuta in solido a rispondere per la responsabilità dei medici. La Corte d'Appello aveva invece aderito alle ragioni dei genitori di un bimbo, nato con gravi lesioni al cervello, riconoscendo loro il diritto al 100% dell'indennizzo in considerazione della totale incapacità lavorativa e di autogestione in cui il figlio era costretto a vivere. Diversi i passi "falsi" commessi da un camice bianco e dall'equipe presente in sala parto. Non era stato diagnosticato un distacco di placenta, né rilevata la crescita del feto sotto la norma. Per i giudici, che si erano basati su una Ctu, la carenza di ossigeno del bambino avrebbe dovuto indurre i sanitari a fare immediatamente un cesareo. Cosa che non era avvenuta. Ad avviso della Corte territoriale il danno cerebrale del piccolo anche «se originato da ignota condizione primitiva» era stato certamente aggravato dalle omissioni dei medici. Per la Suprema corte è una conclusione sbagliata. La patologia cerebrale di cui soffriva il bimbo, per una causa non nota, c'era anche prima del parto e deve dunque essere considerata come «naturale e non imputabile» perché non dipendente, dal punto di vista funzionale, dalla condotta colposa dei sanitari. Un male originario che ha avuto «un'efficacia concausale nelle determinazione dell'unica e complessiva situazione patologica riscontrata». La colpa dei sanitari presenti al parto ha assunto - chiarisce la Cassazione - «una concorrente incidenza causale con il pregresso stato patologico del minore». Per i giudici il precedente naturale aveva "interferito" per il 50% nell'evento danno. Ma non è questa la misura sulla quale calibrare il "taglio" del risarcimento. Escluso qualunque automatismo riduttivo, spetta, infatti, al giudice determinare il "pregiudizio" in via equitativa, dopo una valutazione ragionevole e prudente di tutte le circostanze del caso concreto. Per finire la Cassazione sgombra il campo dall'equivoco che potrebbe sorgere sulla possibilità di decurtare il risarcimento anche in caso dei cosiddetti danni conseguenza, come l'aggravamento e la morte per effetto delle condizioni eccezionali del "paziente" - che può essere cardiopatico e soffrire di rare allergie - per una cura errata 0 un intervento sbagliato del medico. In quei casi, non c'è margine per ridurre 0 escludere l'indennizzo in favore della vittima.