Caos sulle ricette per gli esami «inutili»
Mentre si attende la circolare ministeriale, il territorio si confronta con persistenti difficoltà
martedì 23 febbraio 2016

C'è la signora cinquantenne che si sente rifiutare la “ricetta rossa” per una risonanza magnetica alla schiena. C'è il quarantenne che non può ripetere l'esame consueto del colesterolo. C'è la giovane donna cui viene negata una mammografia di controllo su ricettario rosso, con l'indicazione di rivolgersi al privato. A pagamento.
Il decreto “appropriatezza”, in vigore dal 20 gennaio con la pubblicazione in Gazzetta, sta producendo frutti amari e si intravede la possibilità di una revisione, forse utilizzando come veicolo il prossimo Dpcm sui nuovi Lea. Per intanto, prevale il caos negli ambulatori e nelle corsie di ospedale che si traduce in costi salati per i cittadini, spiazzati da incertezze e dinieghi di medici di famiglia, pediatri e specialisti. E indotti a strapagare per uno stesso esame. Perché, ad esempio, ai test allergologici si arriva soltanto con due prescrizioni: del medico di medicina generale e dello specialista. Mentre una persona in grave sovrappeso che debba sottoporsi ad accertamenti, d'ora in poi non pagherà più i soliti 20 euro di compartecipazione (16 analisi distribuite su due ricette, 10 euro a ricetta) ma i 50 euro che corrispondono alle 5 ricette rosse su cui, secondo il decreto, andranno spalmate le analisi.
Correttivi in arrivo
Al momento, la decisione di inserire nel mirino 203 prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale in ambito Servizio sanitario nazionale (Ssn) - individuando condizioni di erogabilità e indicazioni di appropriatezza prescrittiva - è in via di revisione. Pressata dai sindacati medici e dalle associazioni di cittadini, la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ha deciso di rimettere mano al decreto del 9 dicembre 2015. Che è stato ribattezzato con il suo nome (”Dm Lorenzin”), ma che è diretta derivazione del Dl Enti locali, per la parte in cui chiedeva ai camici bianchi di partecipare alla stretta sulla spesa sanitaria.?Si trattava di prescrivere “meglio” e senza sprechi, pena decurtazioni sullo stipendio di dipendenti e convenzionati.
Una prima vittoria i sindacati - sulle barricate da mesi e con in programma due giornate di sciopero, il 17 e 18 marzo - l'hanno ottenuta: il 12 febbraio la ministra ha messo ufficialmente in stand-by le sanzioni, che per altro non erano mai state definite in sede di conferenza Stato-Regioni. Ma le magagne che il provvedimento porta con sé non si limitano alle multe per i “cattivi prescrittori”: a essere compromessa è l'applicazione stessa del decreto.
Software in panne
Manca l'aggiornamento dei software dei medici, che non contempla le “note” necessarie per applicare la norma; mancano gli adeguamenti in vista dell'entrata in vigore, a marzo, della ricetta elettronica; manca la possibilità di mettere in rete i dati tra prescrittori, Asl e ministero. Campi su cui è al lavoro Sogei, società informatica del ministero delle Finanze.
Ma intanto fioccano polemiche anche sul merito dei criteri di appropriatezza. Si è, quindi, deciso di rimettere mano a tutto l'impianto: Lorenzin, insieme a una delegazione della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) e al coordinatore degli assessori alla Salute, Sergio?Venturi, sta lavorando a una “circolare applicativa”, che a breve dovrebbe tamponare i gap tecnologici. Nel frattempo, c'è la promessa di manifesti negli ambulatori, per informare e rassicurare i pazienti. Anche i più fragili, a partire da cronici e invalidi.
Criteri sotto esame
Medici e cittadini continuano però a puntare l'indice sui criteri di scelta degli esami “incriminati” inseriti nel decreto, così come sulla confusione tra prestazioni appropriate e condizioni di erogabilità. Una “nebbia” in cui i professionisti si stanno perdendo. E al Tribunale per i diritti del malato, che ha attivato il servizio “Sos appropriatezza”, arrivano lamentele di ogni tipo. Come il caso limite di esami di laboratorio, teoricamente “mutuabili”, che il cittadino improvvisamente deve pagare da sé: per ottenere il rimborso, il privato accreditato deve infatti presentare alla Regione richieste di rimborso ineccepibili e complete. Ma con il decreto non è possibile, visto che oggi il medico prescrittore non ha la possibilità di inserire le “note” in ricetta.
È chiaro che per raddrizzare la situazione non basterà una circolare, tutta centrata sui profili tecnici e tecnologici. Andranno rivedute e corrette anche le scelte di merito inserite nel decreto, magari importando modelli già consolidati nella farmaceutica.
Il decreto sarà modificabile solo con altro atto avente forza di legge, magari, appunto, utilizzando come “traghetto” il Dpcm sui nuovi Livelli essenziali di assistenza. Ma i tempi sono lunghi e intanto i cittadini pagano.