Anelli: viene limitata la libertà di agire secondo scienza e coscienza

«È una violenza ai pazienti» Lapadula: un vero razionamento camuffato da razionalizzazione»

giovedì 24 settembre 2015

La Gazzetta del Mezzogiorno
BARI. Parola ricorrente: «inappropriatezza». Seppur in una duplice lettura. Da una parte, un elenco di prestazioni sanitarie a rischio, con annessa responsabilità patrimoniale a carico dei camici bianchi rei di aver prescritto accertamenti diagnostici contrassegnati da «inappropriatezza»: sono questi alcuni dei deterrenti allo sperpero sanitario che giacciono nell'ultima versione del decreto ministeriale (rientrante nel DI Enti Locali) a firma del ministro Beatrice Lorenzin. Dall'altra, sarebbe piena di «inappropriatezza» agli occhi dei medici, la ricetta prescritta dal Governo per risollevare le sorti claudicanti della sanità; quella che condensa più ingredienti in un concentrato di gusto amaro: una black list di oltre 200 patologie i cui accertamenti sa- ranno addebitati ai pazienti se non necessari, ed eventualmente sulla busta paga dei sanitari che prescrivono analisi con troppa prodigalità, n tutto condito con un pizzico di sano altruismo, prima di servire la pietanza alla mensa della ricerca. Visto che, a dire del Governo, l'obiettivo da raggiungere è coprire i buchi della ricerca sperimentale. «È un vero razionamento camuffato da razionalizzazione». Ne è convinto il direttore del reparto di Reumatologia dell'Università del Policlinico di Bari, Giovanni Lapadula. «La trasformazione di un dato statistico in un taglio scriteriato è cinismo. Accorgersi, cioè, che ci sono troppi esami richiesti e risolvere lo spreco con un taglio generico è una violenza al paziente. Sarebbe logico piuttosto introdurre delle regole applicative da tradurre in Protocolli diagnostici terapeutici», aggiunge Lapadula. Ma il peggio sta nei dettagli. E nella impossibilità di valutare in maniera oggettiva la necessità di un esame diagnostico. «Chi dovrebbe stabilire se e quando gli accertamenti prescritti siano appropriati o meno?», riflette. E i rischi della approvazione del decreto non sono da sottovalutare. «Siamo giunti ad un livello molto alto di rottura tra apparato dei burocrati e dei medici. Se i medici si sentono traditi dal sistema non lavoreranno più bene, a discapito dei pazienti», conclude Lapadula. In scia, il presidente dell'Ordine dei medici di Bari, Filippo Anelli. «Le sanzioni, che sono previste dal DI Enti locali, sono una limitazione della libertà di agire in scienza e coscienza del medico e il taglio alle prestazioni, spesso celato dietro la foglia di fico dell'ap- propriatezza, rischia di mettere in discussione la tenuta complessiva del sistema.La valutazione dell'appropria-tezza è e deve restare una prerogativa esclusiva del medico e non può diventare oggetto di giudizio da parte dell'apparato burocratico», spiega strizzando gli occhi ai pazienti. Considerato che «le iniziative del governo rischiano di minare alla base il carattere irrinunciabile di equità, solidarietà e universalità del nostro sistema. Il decreto del ministero cerca di risolvere questioni complesse come quella della sostenibilità con un semplice taglio lineare, che metterà a rischio il diritto alla salute dei pazienti e renderà l'esercizio della nostra professione un'impresa impossibile»