Medicinali di fascia C solo in farmacia

Giustizia. La Corte Ue rigetta la richiesta di liberalizzazione nella vendita di farmaci con ricetta ma non pagate dal Ssn

venerdì 06 dicembre 2013

Sara Todaro (Sole24ore)

L'esclusiva alle farmacie pubbliche e private sulla vendita di tutti i farmaci con obbligo di prescrizione medica, anche se a carico dell'acquirente, è conforme al diritto dell'Unione europea, in quanto «persegue l'obiettivo di garantire alla popolazione un rifornimento di medicinali sicuro e di qualità, il quale rientra nell'obiettivo più generale di tutela della salute pubblica». 
Lo ha stabilito ieri la Corte di Giustizia Ue, confermando le conclusioni dell'avvocato generale Nils Wahl dello scorso settembre, in merito al regime di dispensazione dei farmaci di fascia C in Italia. 
La sentenza risponde alla richiesta di pronuncia pregiudiziale inviata dal Tar Lombardia tra febbraio e marzo 2012, a valere sul ricorso avanzato da tre titolari di parafarmacia milanesi.
Queste ultime – autorizzate dalla normativa nazionale soltanto alla vendita dei farmaci per automedicazione – nel 2012 avevano presentato alle Asl, alla Salute e all'Agenzia italiana del farmaco la richiesta di autorizzazione alla vendita di tutte le specialità non rimborsate dal Ssn – anche quelle su ricetta – nonché di tutte le specialità per uso veterinario soggette a prescrizione e ovviamente a pagamento.
Viste respinte tutte le proprie domande, le farmaciste hanno impugnato le decisioni dinanzi al Tar Lombardia che ha a sua volta chiesto, con rinvio pregiudiziale, alla Corte del Lussemburgo di chiarire se una normativa nazionale che riserva alle farmacie la vendita di prodotti farmaceutici soggetti a ricetta medica, posti non a carico del Ssn bensì dell'acquirente, sia compatibile con le disposizioni sulla libertà di stabilimento in ambito Ue. Nella causa avevano presentato osservazioni scritte anche i governi italiano, spagnolo e portoghese, nonché la Commissione. 
La sentenza di ieri ha infine confermato la validità della disciplina nazionale che fin dalla legge 468 del 1913 ha definito la prestazione di servizi farmaceutici come una «attività primaria dello Stato», da esercitare solo attraverso le farmacie comunali o, per concessione governativa, alle farmacie private.
Il divieto di vendita alle parafarmacie risponde – secondo la sentenza – alla necessità di rispettare la pianificazione territoriale, introdotta per evitare che i punti vendita si concentrino esclusivamente nelle zone considerate più attraenti dal punto di vista commerciale. 
Una misura che secondo i giudici del Lussemburgo «riduce il rischio della penuria di farmacie in modo proporzionato all'obiettivo di garantire un rifornimento di medicinali sicuro e di qualità alla popolazione». 
Soddisfatti i vertici istituzionali dei farmacisti. 
Per Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (Fofi), la sentenza «conferma un orientamento che si è andato formando nel tempo e che ribadisce la funzionalità del servizio farmaceutico italiano». 
Per il presidente Federfarma, Annarosa Racca, «i giudici hanno pienamente condiviso le argomentazioni del Governo italiano e del sindacato dei titolari di farmacia a difesa di un sistema che ha sempre garantito il massimo livello di tutela della salute dei cittadini». 
Ora la speranza dei titolari di farmacia privata – conclude Racca – è che la sentenza, «assieme ai segnali di attenzione pervenuti dal Governo» possa contribuire al rilancio e al potenziamento dei servizi offerti dalla rete delle farmacie nell'ambito del Ssn. 
Stando ai dati diffusi appena due giorni fa dal sindacato dei titolari, infatti, anche le farmacie sono alle prese con una crisi mai sperimentata in precedenza. 
I presìdi in grave difficoltà finanziaria sono oltre 3mila mentre 600 sono a rischio di fallimento, complice il costante calo della spesa farmaceutica territoriale pubblica che ha registrato una ulteriore riduzione del 2,8% nei primi 9 mesi del 2013.