Università, ingresso libero a Medicina? Livrea: «Qui sarebbe il caos»

Intervista al Preside di Facoltà: mancano aule e docenti

venerdì 23 maggio 2014

di LUCA BARILE  (La Gazzetta del Mezzigiorno)

BARI - «Spero sia solo propaganda elettorale, perché altrimenti qui sarà il caos totale». È sbalordito il professor Paolo Livrea, neurologo, presidente della Scuola di Medicina dell’Ateneo. Dalla lettura dei giornali in questi giorni non è riuscito a farsi una ragione di come il ministro dell’Istruzione e dell’Università, Stefania Giannini, candidata al parlamento europeo, abbia potuto fare certi annunci. Niente più test di accesso per iscriversi ai corsi di laurea in Medicina. Dall’anno prossimo, il ministro vorrebbe un meccanismo di selezione alla francese: ingresso libero a tutti, ma passano al secondo anno solo i migliori.

La prospettiva non deve piacerle affatto, professore.

«È una questione tecnica, oggettiva. A Bari non potremmo reggere l’impatto di un accesso in massa».

Il Policlinico, la sede principale per la formazione dei camici bianchi, non sarebbe più sufficiente?

«Per ogni iscritto è obbligatorio avere tre posti letto a disposizione. Siamo già sopra questo parametro e il personale docente è in calo, con minime possibilità di ricambio. Inoltre c’è il problema delle aule. Quest’anno abbiamo avuto dal ministero 240 posti e circa 3mila candidati. Con un accesso libero, dove potremmo mettere tanti immatricolati?»

Ma non è detto che con l’abolizione dei test il numero dei concorrenti corrisponderà a quello dei nuovi iscritti.

«Ammettiamo che diminuisca, fino a duemila candidati o anche solo un migliaio, sarebbero comunque molti in più rispetto agli standard attuali».

Potreste allargare la didattica ad altre sedi.

«Ammettiamo di fare accordi con strutture esterne e di riuscire a reperire i docenti extra necessari, il che richiederebbe prima di modificare gli attuali parametri di qualità, circa la percentuale minima di docenti interni. Come funzionerebbe, poi, questo meccanismo alla francese?»

Lo dica lei. Come funzionerebbe?

«Presumibilmente in questo modo: gli studenti migliori, con la media più alta e il maggior numero di esami sostenuti, andranno avanti nel corso di laurea. Ma a questo punto c’è da fare un’altra considerazione. Rispetto ai 240 posti banditi quest’anno, una buona metà di concorrenti che hanno fatto il test a Bari e sono risultati idonei, sono costretti ad emigrare in università di altre regioni».

Sono gli effetti della graduatoria unica nazionale.

«La quale è stata introdotta per eliminare gli squilibri tra le varie sedi. Perché facilmente capitava di entrare nella sede x con un punteggio medio basso, mentre nella sede y si una attestava una soglia minima più alta. Questo dipendeva dalla qualità dei candidati, ma produceva disparità nelle opportunità di accesso. Il sistema alla francese ci riporterebbe a quella situazione, contraddicendo lo spirito della graduatoria unica nazionale».

Lei stesso, però, ha criticato il quiz a risposta multipla.

«E lo confermo. È un sistema ridicolo, che va cambiato. Poiché un numero programmato è indispensabile, tuttavia, e questo lo sa il ministro, si potrebbe procedere per gradi».

Ci fa un esempio?

«Innanzitutto migliorare il test, inserendo se possibile elementi di valutazione delle attitudini. Poi servirebbe un migliore orientamento degli studenti delle superiori. Se i ragazzi venissero informati meglio sulle prospettive, questo già produrrebbe un filtro iniziale. E poi bisognerebbe pesare il voto di maturità».

Lei crede che il ministro seguirà almeno uno dei suoi suggerimenti?

«Dobbiamo fare squadra. Porteremo questi argomenti nelle conferenze nazionali e, se sarà necessario, potremmo interpellare i parlamentari».