Fattura elettronica, gli esborsi rischiano di non essere indifferenti.

Ecco gli oneri per i medici convenzionati

giovedì 08 novembre 2018

Doctor News

«Per il medico di famiglia, l'introduzione dell'obbligo di fattura elettronica tra privati comporterà oneri contenuti ma non meno "seccanti". Come categoria ci siamo sempre sobbarcati noi gli oneri informatici e anche in questo caso gli esborsi rischiano di essere un costo non indifferente, visti gli importi, in genere contenuti, delle nostre fatture».

Guido Marinoni presidente dell'Ordine dei Medici di Bergamo, sottolinea come l'impegno preso dall'Italia da gennaio 2019 per ridurre l'evasione Iva peserà sui medici convenzionati e sui loro certificati. «L'adeguamento con software per spedire in formato xml e l'archiviazione hanno dei costi. Chi ha un volume minimo di fatture e/o ha dimestichezza con questi software farà da solo con il sito dell'Agenzia delle entrate, ma sosterrà in ogni caso costi di archiviazione e di gestionale. Chi non ce l'ha pagherà il commercialista». Qualcosa il mondo medico sta facendo, «Omceo Bergamo, ma anche altri ordini, e Fimmg stanno avviando incontri formativi per spiegare l'adempimento, le cooperative di mmg si stanno attrezzando per offrire ai soci piattaforme sicure e a costi contenuti. A livello nazionale sul sito Fnomceo c'è uno sconto fruibile sui sistemi Aruba». Anche i fornitori di software vengono incontro, «ci sono servizi che fanno pagare 3 euro per 10 fatture e 30 per 100, ma bisogna considerare tutto il volume di fatture del professionista e la qualità del servizio. In ogni caso -dice Marinoni-la spesa per la gestione della fattura va da un minimo di 30 euro a 120, già 200 è una spesa fuori mercato, quantomeno per un medico di famiglia che tra certificati e altre prestazioni libero professionali fa sì un centinaio di fatture in un anno e più, ma di importi intorno ai 30-50 euro, sui quali la spesa sostenuta ha un impatto maggiore che per altre categorie». Commento a corollario: «La Pa invece di usare l'informatica per efficientarsi devolve carichi di incombenze ai cittadini e in particolare ai professionisti; in questo modo però l'informatica non è vista, come in altri paesi, come elemento di semplificazione, e si rischia di rallentarne la diffusione». Un ragionamento sostanzialmente condiviso dai liberi professionisti della sanità.

Su Odontoiatria33 Renato Mele, rappresentante toscano in Consulta Enpam Libera professione, osserva ironicamente che «è tutto da vedere che fare i fenomeni con il computer degli altri risolva l'evasione dell'Iva, tanto che si tratta di una formula sperimentale i cui risultati dovremo a breve dimostrare alla UE. Peraltro la fattura elettronica ora in uso con la Pa ha addirittura peggiorato i tempi di pagamento verso i fornitori. Negli altri paesi UE la fatturazione elettronica non c'è ma i fornitori del "pubblico" sono pagati in tempi brevissimi». Mele pone anche l'esempio della posta elettronica certificata: «Già nel 2005, dato che ogni anno la Pa spendeva centinaia di milioni in spedizioni postali, il Codice dell'Amministrazione digitale puntò sulla Pec per eliminare il cartaceo nelle comunicazioni tra enti pubblici, e tra loro ed i cittadini. Evidentemente il risultato fu modesto se ancora nel 2010 una Circolare della Presidenza del Consiglio sollecitava le amministrazioni ad usare la Pec come modello per tutte le comunicazioni ufficiali a cittadini e imprese e, ovviamente, tra loro, anche per ridurre la spesa pubblica. Bene: pochi giorni fa il Ministero dei Beni culturali, riportano i media (Antonio Castro su Libero del 2 novembre 2018) ha intimato ai Direttori degli Istituti vigilati di dare un taglio netto alle spese postali, pena l'applicazione di sanzioni disciplinari per danno erariale da responsabilità dirigenziale nell'omesso controllo e richiesta di risarcimento del danno medesimo. Sono passati quindi 13 anni e l'apparato statale non ha ancora realizzato quanto per sé aveva previsto, comprese le sanzioni, che evidentemente ai dipendenti non sono mai state applicate ma solo minacciate», considera Mele. «Loro se la possono prendere comoda, noi no». 

E con la carta si persevera, «se si pensa che il 6 agosto di quest'anno la Consip (la centrale acquisti nata per far risparmiare lo Stato) ha pubblicato un bando per le prestazioni di servizi postali di raccolta e recapito alla Pa. Si evincerebbe l'intento di continuare con la posta tradizionale, e con una previsione di spesa da 810 milioni più IVA. Soldi nostri, e pari alla metà esatta di quanto lo Stato recupererebbe ipoteticamente di IVA con la fattura elettronica a nostro carico». Il tema più scottante è però che lo Stato, «con questo adempimento, scarica anche su soggetti non Iva oneri che lui non ha intenzione di sostenere e che, nel caso dei professionisti sanitari, non serviranno in alcun modo al fin troppo ambizioso progetto di recupero dell'Iva stessa».


Mauro Miserendino