Bonus Pos dal primo luglio: gli obblighi e i crediti

Potrà essere usato esclusivamente in compensazione in F24, dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa;

venerdì 26 giugno 2020

(fonte: Dott-Net)

Il bonus fiscale del 30% è riservato ai professionisti e alle imprese che nell’anno precedente hanno registrato ricavi o compensi, a prescindere dal tipo di attività svolta o dal regime di contabilità tenuta, fino a 400.000 euro

Mancano due giorni al primo luglio 2020, data in cui parte il Bonus Pos per imprese e professionisti che consentono al consumatore di effettuare il pagamento in forma elettronica, tramite carte di credito, di debito e strumenti simili. si tratta di un bonus fiscale pari al 30% delle commissioni applicate dalle banche o da altri operatori finanziari che lo Stato s’impegna a restituire ai professionisti sotto forma di credito d’imposta ma solo in regime di compensazione. 

Possono usufruire del bonus fiscale del 30% solo i professionisti e le imprese che nell’anno precedente hanno registrato ricavi o compensi, a prescindere dal tipo di attività svolta o dal regime di contabilità tenuta, fino a 400.000 euro.  Lo Stato vuole promuovere il pagamento di beni e servizi tramite strumenti di pagamento tracciabili sfavorendo l’uso del contante.

 L’obiettivo è quello di contrastare l’evasione in quanto al pagamento tramite carta di credito, bancomat, postPay ecc deve necessariamente corrispondere l’emissione della fattura o del documento commerciale.

Sempre dal 1° luglio, non sarà possibile effettuare pagamenti in contanti se pari o superiori a 2.000 €. Ma ecco chi può ottenere il  bonus POS e come va calcolato.  Bonus per pagamenti con bancomat e carta: come funziona  Il bonus POS, si legge su Lavoro e Diritti, si sostanzia in un credito d’imposta del 30% sulle spese addebitate dalla banca per le transazioni  elettroniche effettuate dai consumatori finali dal 1° luglio 2020.

L’agevolazione spetta ad imprese e professionisti. Il servizio per l’utilizzo del POS è messo a disposizione in genere da parte della banca. Per tale servizio la banca riceve delle commissioni  anche sul totale transato. Detto ciò, le commissioni sono a carico dell’esercente.  Per ristorare l’esercente dalle commissioni pagate , lo Stato ha dunque previsto il bonus POS.

L’accesso all’incentivo fiscale è riservato ai soli operatori con ricavi o compensi, nell’anno d’imposta precedente, di ammontare non superiore a 400mila euro.  Le operazioni interessate  Il credito d’imposta spetta sulle  cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nei confronti di consumatori finali. Dunque, sono escluse le operazioni effettuate dall’esercente nei confronti di soggetti che agiscono nell’esercizio di impresa, arti professioni.

Per intenderci, io, consumatore finale, mi reco ad esempio in un negozio di abbigliamento e faccio un pagamento in contanti. In tale caso,  l’esercente sulle commissioni pagate alla banca per il servizio POS ha diritto al credito d’imposta del 30%. Al contrario, un avvocato si reca in una cartolibreria per acquistare del materiale di cancelleria per il suo studio. Per tale operazione, all’esercente non spetterà alcun bonus. 

Credito d’imposta (o bonus POS): come si usa  Il bonus POS:  può essere usato esclusivamente in compensazione in F24, dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa; deve essere indicato dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di maturazione del credito e in quelle degli anni seguenti, fino a quando se ne conclude l’utilizzo; non concorre alla formazione né della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi né del valore della produzione Irap; è concesso nel rispetto delle condizioni e dei limiti fissati dalle norme europee in materia di aiuti de minimis.

In merito all’ultimo punto, riporta lavoro e Diritti, è previsto un massimale agevolativo di  200mila euro nell’arco di tre esercizi finanziari.  Il limite è pari a 25.000 € per i produttori agricoli .  Per chi opera nel settore della pesca e dell’acquacoltura il monte è fissato a 30.000 €.  Calcolo del credito d’imposta spettante  Come fa l’esercente a calcolare nello specifico il credito d’imposta spettante?

Deve conoscere a monte il totale delle commissioni pagate. Ebbene, la Banca d’Italia con il provvedimento del 20 aprile 2020 ha fissato le modalità e i criteri con cui le banche (e gli altri prestatori di servizi di pagamento) devono comunicare all’esercente:  l’elenco delle operazioni effettuate; le commissioni pagate sulle operazioni. La comunicazione è effettuata in via telematica (PEC, home banking) entro il giorno 20 del mese successivo a quello di riferimento.  In un prospetto descrittivo sono riportate il totale delle commissioni pagate e quelle riconducibili alle sole operazioni effettuate verso i  consumatori finali. Uniche operazioni per le quali è ammesso il credito d’imposta. In tale modo, l’esercente ha tutti dati per calcolare il credito d’imposta del 30%. 

 I controlli dell’Agenzia delle Entrate  L’agenzia delle entrate controlla l’effettiva spettanza del credito d’imposta in favore dell’esercente. A tal proposito, l banche e gli altri prestatoti del sevizio POS comunicano all’Agenzia le informazioni necessarie a verificare la legittima del credito d’imposta.  Sono oggetto di comunicazione (provvedimento Agenzia delle entrate, 29 aprile 2020):  il codice fiscale dell’esercente; il mese e l’anno di addebito; il numero totale delle operazioni di pagamento effettuate nel periodo di riferimento; il numero totale delle operazioni di pagamento riconducibili a consumatori finali; l’importo delle commissioni addebitate per le operazioni di pagamento riconducibili a consumatori finali; l’ammontare dei costi fissi periodici ottenuti dall’esercente.

La comunicazione è effettuata tramite il Sistema di interscambio (SDI) entro il 20 del mese successivo a quello di riferimento. Ad esempio, in riferimento alle operazioni di agosto, la comunicazione è effettuata entro il 20 di settembre.  Limiti all’uso del contante dal 1° luglio  Sempre dal 1° luglio non sarà possibile utilizzare denaro contante per pagare   importi pari o superiori a 2.000. euro. Ad oggi il limite è pari a 3.000 €. Dal 1° gennaio 2022 si scenderà ulteriormente, a mille euro. 

E’ da precisare che:  si potrà comunque prelevare dal proprio conto corrente importi anche superiori a 2.000 €; per pagare un’unica fattura di importo pari o superiore a 2.000 è possibile pagare in contanti l’eventuale caparra non oltre la soglia citata. Ad esempio, si potrà continuare a pagare in contanti  il dentista tramite degli acconti regolarmente fatturati. Anche se l’importo totalmente dovuto (trattamento ortodontico annuale) è pari o supera le 2.000 euro. Gli acconti, considerati singolarmente, non devono comunque superare la soglia in esame.. Ciò comporterebbe l’obbligo di pagamento tacciabile. Obbligo assolto tramite assegni, carte di credito, bancomat ecc.