Chirurghi superstar “Così il Nord attira i pazienti pugliesi”
Assoldati i più bravi. E la Regione paga il conto: più di 200 milioni all’anno per le cure in trasferta
domenica 10 aprile 2016

Secondo il Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero in Italia, nel 2014 i ricoveri fatti fuori dalla Puglia sono stati 39.615, pari all’8,1 per cento dei ricoveri totali erogati. Dove vanno principalmente i pugliesi per farsi curare? Lombardia (8.308 ricoveri), Emilia Romagna (7641), Lazio (4791). Non si tratta di semplice turismo sanitario, ma di una reale ricerca dell’eccellenza nelle cure. Ed è qui che intervengono i grandi professionisti del settore. Molti di questi sono pugliesi, si sono formati nelle nostre università, poi hanno lavorato all’estero per qualche anno e sono tornati in Italia. Anni di lavoro tra i corridoi degli ospedali pubblici di Bari o Lecce, poi il salto nelle cliniche private o private convenzionate. In questo modo riescono a creare un bacino di pazienti considerevole, diventando “appetibili” per le grandi cliniche del Nord. E quando decidono di trasferirsi per lavoro negli Irccs o nelle cliniche del Centro- Nord, “portano via” un gran numero di pazienti pugliesi.
Il fenomeno è esteso. Nel centro nazionale di alta tecnologia dell’università di Chieti-Pescara, diretta dal professore Leonardo Mastropasqua (originario di Barletta), arrivano pazienti da tutta Italia. «Nella mia clinica facciamo 5800 operazioni all’anno, dalla cornea alla retina — conferma Mastropasqua — e il 60 per cento dei ricoveri è effettuato su pazienti provenienti da fuori regione, molti pugliesi, attratti anche perché sono miei conterranei».
Qualche centinaio di chilometri più a nord, precisamente a Bergamo, c’è l’Irccs privato Humanitas. Ed è qui che, dopo anni di lavoro in Puglia, è arrivato Giampiero Esposito, cardiochirurgo salentino di fama internazionale. I suoi pazienti non lo hanno abbandonato. Solo lo scorso anno su 528 ricoveri totali effettuati da Esposito, 130 riguardavano pazienti pugliesi: «Ma devo dire la verità — ammette Esposito — mi dispiace molto vedere intere famiglie spostarsi insieme ai pazienti in cerca di cure». Basta scendere un po’ più a sud, in Emilia Romagna, per trovare altri pazienti pugliesi. Succede alla Casa di cura San Lorenzino di Cesena. Qui ogni anno centinaia di pugliesi, spesso giovani sportivi, vengono a sottoporsi alle cure di Antonio Rizzo, chirurgo ortopedico di origini salentine. «Molti pazienti pugliesi che hanno problemi seri come la rottura del crociato — dice Rizzo che ha lavorato nel privato convenzionato pugliese — vengono qui da noi. L’anno scorso lo hanno fatto in duecento circa».
Ma quello dei grandi chirurghi pugliesi che “portano via” pazienti dalla Puglia è solo uno dei motivi che alimentano il fenomeno della mobilità passiva. Ora la Regione sta provando a organizzare una strategia difensiva. L’idea è quella di consentire ai più grandi ospedali di eccellenza di riportare i pugliesi a curarsi nella loro regione anche attraverso premialità extra tetto. Un’idea che trova sostegno pure tra i banchi dell’opposizione. È quello che pensa Luigi Manca, consigliere regionale dei Conservatori e Riformisti: «Su questo fenomeno bisogna lavorare molto, anche attraverso un aumento del tetto di spesa delle cliniche private accreditate pugliesi. Solo così si possono sostenere le punte di eccellenza della nostra sanità».