Emilia Romagna, puniti con demansionamento i medici che non si vaccinano

E' l'oggetto della proposta di "Accordo in merito alla prevenzione del rischio biologico in ambiente sanitario"

mercoledì 10 gennaio 2018

Doctor 33

Il personale sanitario che opera in reparti ad alto rischio degli ospedali dell'Emilia Romagna dovrà vaccinarsi contro morbillo, parotite, rosolia e varicella, altrimenti verrà spostato a mansioni equivalenti o anche inferiori, pur mantenendo inalterato il proprio stipendio. I reparti oggetto della proposta di "Accordo in merito alla prevenzione del rischio biologico in ambiente sanitario" sono oncologia, ematologia, trapianti, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, pronto soccorso e rianimazione: qui il rischio che il paziente venga contagiato da medici e infermieri è ritenuto troppo elevato e la Regione ha deciso di correre ai ripari. Non si sarebbe dovuti arrivare a questo punto perché i medici avrebbero già dovuto vaccinarsi di propria iniziativa, ma la norma è certamente opportuna: è questa la sintesi del pensiero di Fausto Francia, presidente della Società italiana di igiene medicina preventiva e sanità pubblica (SItI). «L'operatore sanitario - afferma Francia - dovrebbe comprendere che la sua vaccinazione serve a proteggere il paziente dal rischio di patologie che andrebbero a complicare il quadro clinico, ma purtroppo c'è questa refrattarietà dei medici alla vaccinazione, dovuta a pigrizia mentale e all'idea, così frequente nella psicologia dei medici, di non essere mai colpiti dalle malattie con cui vengono a contatto ogni giorno». 

Il presidente SItI cita un'altra ragione a favore della vaccinazione dei sanitari: «Oggi, con il diffondersi dell'antibiotico-resistenza, si ha sempre più spesso a che fare con sovrainfezioni batteriche a malattie anche virali, che spesso sono difficili da gestire». A sostegno della decisione della Regione, Francia ricorda che i servizi di medicina del lavoro interna agli ospedali emiliani sottopongono periodicamente i sanitari a visita a tutela della loro salute e fanno abitualmente la ricerca anticorpale, «per cui il medico sa benissimo quali sono le patologie verso le quali è scoperto e per le quali è opportuno che si vaccini». Anzi, secondo l'esperto sarebbe utile anche una vaccinazione generalizzata dei sanitari contro l'influenza, oltre che per evitare di essere veicolo di infezione anche per responsabilità nei confronti dell'organizzazione di appartenenza: «Durante il periodo invernale, con reparti pieni e file chilometriche ai pronto soccorso, il medico non vaccinato che si assenta dal lavoro per l'influenza mette in difficoltà colleghi e la struttura in cui opera».