Totalizzazione e cumulo contributivo: la scelta migliore per il medico

Valutare l’istituto della ricongiunzione per totalizzare contributi verso enti diversi

venerdì 29 aprile 2022

Fonte: Dott- Net

Se i periodi di contribuzione presso una gestione diversa dalla principale riguardano pochi anni e sono di scarsa entità, meglio utilizzare l’istituto della ricongiunzione, ed il più presto possibile per limitarne o azzerarne il costo

Quella del cumulo contributivo è senza dubbio una interessante e conveniente soluzione per sommare spezzoni contributivi presenti su enti diversi senza corrispondere alcun onere; in effetti a molti futuri pensionati è spesso capitato di avere a che fare con proposte di ricongiunzione (l’altro Istituto che mette insieme contributi versati a differenti gestioni) ad un costo proibitivo. In effetti, com’è noto, mentre con il cumulo e la totalizzazione ogni Ente paga la propria quota di pensione autonomamente (anche se la materiale erogazione al pensionato avviene a cura dell’Inps), con la ricongiunzione i contributi vengono fisicamente trasferiti da un Ente ad un altro, e per determinare la pensione si applica il sistema di calcolo di quest’ultimo. Ciò spesso determina un vantaggio economico per il futuro pensionato, cioè la pensione determinata dall’ente accentrante può risultare più elevata rispetto alla somma delle singole quote pagate da Enti diversi; e questa differenza può generare un onere a suo carico, quantificato con il criterio della riserva matematica. 

Ma come – pensa il pensionando – io ho già pagato fior di quattrini per costruirmi una pensione, ed ora mi chiedono altri soldi per perfezionare qualcosa che è già mio? E’ così che spesso rinuncia alla ricongiunzione e preferisce il cumulo (o la totalizzazione). Ma per i medici questa potrebbe non essere la scelta migliore, specie se si guarda al versante delle pensioni a superstiti. Quando infatti il medico, titolare di una pensione, muore, lasciando sul campo ad esempio una vedova o un vedovo, i coefficienti della reversibilità sono diversi fra Inps ed Enpam: l’Istituto riconosce generalmente solo il 60 per cento della pensione del deceduto, mentre per la Fondazione questa percentuale è del 70 per cento.

Se si hanno due pensioni su Enti diversi, ciascun Ente applicherà la propria percentuale; ma se la reversibilità discende da una pensione in cumulo, su entrambe le quote verranno applicate le regole Inps, e quindi anche la quota Enpam verrà pagata al 60 per cento. Ma c’è di più. La riforma Dini del 1995 ha introdotto una parziale incumulabilità delle pensioni a superstiti (di reversibilità, se il soggetto è già pensionato e indirette, se l’iscritto muore mentre è ancora in attività) con i redditi propri, per cui presso l’Inps se ai coniugi superstiti spetta il 60% della pensione del defunto, tale percentuale scende al 45% se il loro reddito supera di 3 volte l’importo del trattamento minimo Inps (per quest’anno pari a € 6.816,42 annui lordi), il 36% con redditi superiori a 4 volte il minimo e il 30% se si va oltre 5 volte tale livello. Questa norma, tuttavia, non si applica alle pensioni Enpam, per le quali la percentuale di spettanza del coniuge superstite rimane al 70%.

Se quindi ad esempio un medico di famiglia, per recuperare tre o quattro anni di versamenti all’Inps senza oneri a proprio carico, sceglie all’atto del pensionamento la pensione in cumulo, e quindi fa pagare dall’Inps anche la molto più consistente quota a carico dell’Enpam, rischia di commettere un grave errore a danno del proprio coniuge: dopo il suo decesso, infatti, se la moglie o il marito lavorano, ed hanno quindi uno stipendio od una pensione propria, anche sulla quota Enpam prenderanno una reversibilità del 30% anziché del 70%.

Non esistono quindi soluzioni precostituite, valide per tutti, ma occorre sempre guardare al caso singolo. Difficile che l’Enpam riesca ad ottenere un’estensione alla disciplina del cumulo delle sue norme più vantaggiose, come pure qualcuno chiede; quindi, se i periodi di contribuzione presso una gestione diversa dalla principale riguardano pochi anni e sono di scarsa entità, meglio utilizzare l’istituto della ricongiunzione, ed il più presto possibile per limitarne o azzerarne il costo. Se invece si è prossimi al pensionamento e non si vuole sostenere l’onere di una ricongiunzione, con grosse posizioni Enpam e pochi contributi Inps, in presenza di un coniuge titolare di redditi propri, può addirittura valere la pena abbandonare la piccola posizione Inps al proprio destino e lasciarla inutilizzata.