Visite a domicilio, Scotti (Fimmg): necessità assistenziale ma non vanno strumentalizzate

È dovere del medico valutare, volta per volta, l'effettivo bisogno del paziente.

venerdì 19 gennaio 2018

Fonte:Doctor news

«Non è vero che i medici di famiglia non effettuano le visite  domiciliari, ma queste non possono essere strumentalizzate e usate come risposta per fronteggiare l'emergenza dei pronti soccorsi presi d'assalto in questi giorni per l'epidemia influenzale». Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione italiana medici di famiglia, scende in campo a difesa della categoria contro le accuse lanciate qualche giorno fa dall'assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera, che aveva sollecitato via lettera i medici di base lombardi ad effettuare più visite a domicilio per decongestionare gli ospedali. «La domiciliarità delle visite è una necessità assistenziale - spiega Scotti - È dovere del medico valutare, volta per volta, l'effettivo bisogno del paziente. In media un medico di base programma ogni mese una cinquantina di visite a casa di persone anziane o di malati cronici che si trovano nell'impossibilità di presentarsi regolarmente in ambulatorio. Durante questo periodo dell'anno, in cui l'influenza sta toccando il picco massimo, i medici possono effettuare anche dieci visite domiciliari al giorno. Ma deve essere sempre il dottore - ci tiene a sottolineare il segretario nazionale della Fimmg - a valutare quando sia il caso di effettuare una domiciliare, non basta la semplice richiesta del paziente». 

Per Scotti non può essere una visita del medico di famiglia a dare una risposta all'emergenza influenzale. «Quest'anno i più colpiti - spiega - sono soprattutto giovani e adulti che non presentano patologie croniche e non si sono sottoposti al vaccino. Far ricorso ad una domiciliarità precoce, entro le 24 ore dall'insorgenza dei primi sintomi, non è una risposta appropriata. In questa fase il medico può solo limitarsi a consigliare l'assunzione di antipiretici. L'evoluzione della malattia, e le eventuali complicanze batteriche, emergono nelle successive 48-72 ore. È in quel momento che si capisce se effettivamente c'è bisogno di vedere il paziente e prescrivere eventualmente un prodotto antibiotico. Ogni prescrizione nelle prime 24 ore della malattia verrebbe comunque catalogata come inappropriata». Altro problema, sottolinea il segretario nazionale della Fimmg sono i certificati medici che i pazienti affetti da influenza devono inviare al datore di lavoro. «Molto spesso - dice Scotti - dietro alla richiesta di una visita domiciliare o all'accesso al pronto soccorso ospedaliero si nasconde l'esigenza di dotarsi di un certificato medico giustificativo con il datore di lavoro, così come previsto dalla legge. Purtroppo chi ha scritto la norma ha mischiato l'emergenza burocratica con il percorso assistenziale, rendendo tutto più difficile». A livello nazionale non esiste un dato sul numero di visite domiciliari effettuate dai medici di famiglia su base annuale. Le visite a domicilio, infatti, non sono tracciate dai percorsi di digitalizzazione informatica, proprio perché effettuate fuori dallo studio del medico. Tuttavia, ribadisce Scotti, «le visite a domicilio, laddove si riscontra una effettiva necessità, sono un dovere del medico e un diritto del cittadino». E aggiunge: «Come segretario nazione della Fimmg sono pronto ad un confronto sul tema con chi non è d'accordo con me, ma dall'altra parte chiedo un altrettanto confronto sul metodo del triage usato per l'accesso al pronto soccorso. Da quando è stato inserito il ticket per i codici bianchi, questi sono diventati una rarità. Forse la facilità con cui viene assegnato oggi un codice verde, con i relativi accertamenti diagnostici, anche di fronte ad una semplice influenza, sono i maggiori responsabili del sovraffollamento degli ospedali durante il picco della malattia». 


Francesca Malandrucco