Legge 104: devo assistere il malato tutto il giorno?

Una sentenza della Cassazione chiarisce i doveri del lavoratore che gode dei permessi per assistere un parente disabile.

martedì 27 dicembre 2016

Una sentenza della Cassazione chiarisce i doveri del lavoratore che gode dei permessi per assistere un parente disabile. Concede benefici ma censura l’abuso.
 
Una pizza la sera ci sta. Una settimana bianca no. Usufruire della legge 104, quella che permette al lavoratore di stare a casa (pagato) per assistere un parente disabile, diventa più agevole grazie ad una sentenza della Cassazione [1]. Sentenza, però, che non giustifica la cosiddetta “pacchia”. La Suprema Corte concede al dipendente che ha ottenuto i permessi della 104 la particolare tenuità. Vuol dire che il lavoratore non ha l’obbligo di restare 24 ore su 24 accanto al familiare bisognoso di assistenza. Ma non può nemmeno prendere questi permessi come dei giorni di ferie per andare alle terme, a sciare o, nei giorni di sol leone, a sbattere le pinne per ammirare i coralli delle Maldive.
Chi interpreta così la 104 commette reato di truffa, secondo la Cassazione. Perché il lavoratore gode, grazie a questi permessi, di un’agevolazione notevole non assimilabile alle ferie. Insomma, le vacanze sono vacanze, da scalare dal monte ferie. I permessi per assistere un parente disabile sono un’altra cosa. Si chiedono perché un parente ha bisogno di assistenza, non per fare un coast to coast negli Stati Uniti con la scusa di recuperare energie.
La Suprema Corte, però, apre un varco a beneficio del lavoratore. E non da poco: la sentenza in commento parla del diritto del dipendente ad una notevole agevolazione che consiste nell’avere “un minimo di vita sociale” oltre le ore di lavoro e di assistenza al parente disabile. In altre parole: chi usufruisce dei permessi della 104 non deve essere tutto casa e lavoro, ma può ritagliarsi qualche spazio durante la giornata per fare quattro passi, per andare a cena con gli amici o per fare qualche commissione in giro. Insomma, per quelle attività che non riuscirebbe a fare se preso dal lavoro o dall’assistenza. Purché la cena non la organizzi a base di salmone in Norvegia e torni 4 giorni dopo. L’assistenza – insiste la Corte – deve essere garantita.
La Cassazione, infatti, ha rigettato il ricorso di una lavoratrice che aveva approfittato dei permessi della 104 per farsi un viaggio all’estero, convinta com’era (e forse lo è ancora, visto che è arrivata fino al terzo grado di giudizio) che quei permessi fossero dei veri e propri giorni di ferie. La normativa prevede che i permessi vengano concessi “a chi assiste con continuità e in via esclusiva le persone handicappate”. A nulla è servito un pronunciamento successivo a questa normativa secondo cui non c’era bisogno di essere così fiscali nel definire truffatore chi si concedeva qualche viaggio di piacere. Per la Cassazione, c’è la truffa eccome quando il dipendente, anziché prestare l’attività di assistenza per la quale ha chiesto i permessi della 104, se ne va al Louvre di Parigi a vedere la Gioconda. Per ammirare il capolavoro di Leonardo e fare due passi sugli Champs Elysées – è il messaggio della Suprema Corte – ci sono le ferie maturate, non i permessi retribuiti chiesti ed ottenuti per fare altro.
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Resta, comunque, un passaggio importante della sentenza quello secondo cui il lavoratore ha a disposizione una parte della sua giornata da dedicare a se stesso. Sta a lui equilibrare bene i tempi e organizzare al meglio i suoi impegni per non far mancare l’assistenza al parente disabile e, contemporaneamente, prendere un po’ di respiro facendo altro. Come tutte le cose nella vita, anche questa richiede il buon senso. In questo caso, il buon senso è agevolato dalla Cassazione, che sottolinea, appunto, la possibilità di non dover assistere il malato obbligatoriamente durante tutta la giornata. Ma insiste anche su fatto di non approfittare di un permesso pagato da tutti per farsi una gita di piacere.
Già in passato la Corte Suprema aveva stabilito che era possibile usufruire dei 3 giorni mensili di permesso previsti dalla legge 104 anche se in famiglia era presente una badante per assistere un familiare malato [2]. Viene, inoltre, riconosciuto il congedo retribuito fino a 2 anni per l’assistenza di parenti stretti con grave disabilità. E, anche in questo caso, c’è chi ha bisogno di una badante per avere un aiuto pratico nell’assistenza. E’ naturale che un conto è avere un aiuto ed un altro ben diverso è avere un sostituto, cioè: pago una persona per fare quello che dovrei fare io mentre mi godo il congedo retribuito facendo dei viaggi di piacere. Questa è la truffa di cui parla la Cassazione (e di cui parlerebbe chiunque). Senza arrivare a questo punto, oggi si sa che è possibile prendersi qualche momento di distrazione durante la giornata, purché il malato non ne risenta. Appunto, la pizza ogni tanto va bene. La settimana bianca pagata dagli altri un po’ meno, anzi: per niente.