Irap e studio professionale

Il ricorso a lavoro altrui configura per la Suprema Corte un'attività autonoma organizzata

mercoledì 16 settembre 2015

Sole24ore Sanità News

La Corte di Cassazione, con la Sentenza 12.6.2015, n. 12287, si è pronunciata sul tema del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione dell’Irap nel caso in cui il libero professionista affidi all’esterno la gestione del proprio studio professionale, erogando elevati compensi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività.

La Corte di Cassazione ha ritenuto che, nel caso di specie, i Giudici di appello non hanno adeguatamente valutato la significativa consistenza dei compensi erogati a terzi dal contribuente nel corso dei periodi d’imposta contestati. L’attività da quest’ultimo esercitata, quindi, si può configurare come autonomamente organizzata e, pertanto, soggetta a Irap.

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è stato quindi accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Commissione tributaria regionale. La Corte di Cassazione, con la Sentenza 12.6.2015, n. 12287, si è pronunciata sul tema del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione dell’Irap nel caso in cui il libero professionista affidi all’esterno la gestione del proprio studio professionale, erogando elevati compensi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività. La Corte di Cassazione ha ritenuto che, nel caso di specie, i Giudici di appello non hanno adeguatamente valutato la significativa consistenza dei compensi erogati a terzi dal contribuente nel corso dei periodi d’imposta contestati. L’attività da quest’ultimo esercitata, quindi, si può configurare come autonomamente organizzata e, pertanto, soggetta a Irap.

 Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è stato quindi accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Commissione tributaria regionale. Irap – Autonoma organizzazione Irap – Autonoma organizzazione L’attività di lavoro autonomo – come è noto – è esclusa dall’applicazione dell’Irap solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione sussiste, invece, quando il contribuente impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Proprio sull’impiego non occasionale di lavoro altrui, la Corte di Cassazione ha già avuto modo di precisare che è soggetto ad Irap il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego di personale dipendente. Fattispecie Fattispecie Un contribuente presentava all’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso dell’Irap precedentemente versata, sostenendo la mancanza del presupposto impositivo in quanto la sua attività professionale veniva svolta in assenza di autonoma organizzazione. All’istanza, l’Amministrazione finanziaria opponeva il silenzio-rifiuto che veniva impugnato dal contribuente.

Quest’ultimo, in primo e in secondo grado, vedeva accolte le proprie ragioni. In particolare, i Giudici d’appello, aderendo all’orientamento giurisprudenziale in base al quale non è assoggettabile a Irap l’attività di lavoro autonomo esercitata in assenza di autonoma organizzazione, senza personale dipendente e mediante l’utilizzo di modesti beni strumentali, hanno sostenuto che nel caso concreto il contribuente aveva congruamente documentato «attraverso la dichiarazione dei redditi ed il registro dei beni ammortizzabili, l’assenza di dipendenti o collaboratori con vincolo di rapporto di lavoro continuativo e la presenza di beni di non rilevante entità», dimostrando l’inesistenza di un’organizzazione «autonoma e diversa dalla propria prestazione professionale».

Avendo dimostrato l’assenza del presupposto impositivo, quindi, il contribuente aveva indebitamente versato l’Irap, con conseguente diritto al rimborso. Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, denunciando l’insufficiente motivazione, ex art. 360, n. 5, c.p.c., su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, costituito dall’assenza nel caso di specie di elementi utili a giustificare l’applicazione dell’Irap. In particolare, l’Ufficio ricorrente lamentava la mancata valutazione, da parte del Giudice di appello, degli elevati compensi che il contribuente aveva erogato a terzi per remunerare prestazioni direttamente afferenti la propria attività professionale.

Tali compensi risultavano, peraltro, esposti nel quadro RE della dichiarazione dei redditi. Decisione della Corte di Cassazione Decisione della Corte di Cassazione I Giudici d’appello hanno richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale non è assoggettabile ad Irap l’attività di lavoro autonomo svolta in assenza di autonoma organizzazione, senza personale dipendente e con modesti beni strumentali. Il contribuente, nel caso in esame, aveva documentato tali circostanze – come precisato – attraverso il deposito della dichiarazione dei redditi e del registro dei beni ammortizzabili. L’attività, come si legge in sentenza, era svolta in assenza di dipendenti e collaboratori con vincolo di rapporto di lavoro continuativo ed i beni presenti, di modesta entità, erano indispensabili per l’esercizio della propria attività. L

a Commissione tributaria regionale era giunta alla conclusione che non esisteva un’organizzazione autonoma e diversa dalla prestazione professionale del contribuente. L’Agenzia delle Entrate, impugnando la decisione di secondo grado, ha evidenziato come non fossero stati presi in considerazione dai Giudici della Ctr gli elevati compensi che erano stati versati dal contribuente a terzi per prestazioni direttamente afferenti l’attività professionale svolta. La conclusione alla quale giunge la Corte è la seguente: è soggetto al pagamento dell’Irap il professionista che, per la tenuta dei propri clienti, funzionale all’attività di consulenza fiscale e societaria, impieghi stabilmente una società di servizi retribuita, erogandole significativi compensi per le sue prestazioni.

La Corte ha affermato il principio secondo il quale l’impiego non occasionale di lavoro altrui, ai fini Irap, sussiste se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a lavoratori dipendenti, ad una società di servizi o ad un’associazione professionale. La Corte di Cassazione, come già sostenuto in passato (Cass. 23761/2010), ha ribadito nella sentenza in esame che è comunque soggetto a Irap «il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego da parte del contribuente di personale dipendente». A conferma di tale orientamento, la Cassazione richiama un’altra sentenza (Cass. 22674/2014), con la quale è stato affermato che l’elemento dell’impiego non occasionale di lavoro altrui che costituisce, come sopra specificato, una delle possibili condizioni che configurano l’autonoma organizzazione, ricorre qualora il professionista eroghi a favore di terzi elevati compensi per prestazioni relative alla propria attività, «restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un’associazione professionale». La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha quindi accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e rinviato la controversia ad altra sezione della Ctr affinché la riesamini, tenendo conto dei corretti principi in materia.