Esenzione Irap, decisivo il ruolo del collaboratore

Il professionista che si avvale di un dipendente o collaboratore con funzioni meramente esecutive (segreteria, pulizia dei locali) non è automaticamente assoggettato all'Irap

lunedì 14 ottobre 2013



di Gianfranco Ferranti  (Sole24ore)

Il professionista che si avvale di un dipendente o collaboratore con funzioni meramente esecutive (segreteria, pulizia dei locali) non è automaticamente assoggettato all'Irap. Il principio emerge dalle sentenze 22020/2013 e 22022/2013 della Cassazione 

Le due pronunce operano un'approfondita ricostruzione dei presupposti costituzionali dell'imposta e dell'evoluzione della giurisprudenza di legittimità, giungendo alla conclusione che la natura delle mansioni svolte dal dipendente o collaboratore assume rilievo decisivo per l'obbligo di pagare l'Irap. La sentenza 22020/2013 riguarda un medico che aveva erogato dei compensi di modesto importo a professionisti che lo avevano temporaneamente sostituito e aveva assunto un dipendente part time.

La circolare 28/E/2010 ha affermato che per i medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale lo studio e le attrezzature previste in convenzione possono essere considerate il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività: in tali casi l'esistenza dell'autonoma organizzazione sarebbe, quindi, da escludere - in base alle sentenze in esame - anche in presenza di personale di segreteria, a volte condiviso tra più professionisti.

In passato la giurisprudenza di Cassazione non è stata univoca. Alcune sentenze (29146 del 2008, 14693 e 16220 del 2009, 21563, 21950 e 21954 del 2010, 25910 e 29128 del 2011, 8119, 12175 e 14853 del 2012) hanno ritenuto che l'assoggettamento all'Irap sussista anche in presenza di un solo collaboratore non occasionale. Da ultimo, l'ordinanza 20424/2013 ha affermato che il requisito dell'autonoma organizzazione ricorre se il contribuente si avvale di un «dipendente con le mansioni di segretario di quarto livello».

Altre sentenze della Suprema corte (3675, 5009, 8170 e 5012 del 2007; 1868 e 18472 del 2008; 8834 del 2009; 15803 del 2011; 14304 e 23901 del 2012) si sono, invece, espresse in senso contrario. Le pronunce in esame hanno rinvenuto il fondamento di tale orientamento nei principi costituzionali e affermato che non assume rilevanza la norma - introdotta dalla legge di stabilità 2013 - che stabilisce che i contribuenti sono esclusi dall'Irap se «non si avvalgono di lavoratori dipendenti ed assimilati»: è stato, evidentemente, ritenuto che anche questa norma vada interpretata in modo «costituzionalmente orientato».

Secondo la Corte l'automatica applicazione dell'Irap in presenza di un dipendente, «qualsiasi sia la natura del rapporto e... le mansioni esercitate vanificherebbe l'affermazione di principio desunta dalla lettera della legge e dal testo costituzionale secondo cui il giudice deve accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatore e aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, tale da escludere che l'Irap divenga una (probabilmente incostituzionale) tassa sui redditi di lavoro autonomo». Ciò in quanto «la disponibilità di un dipendente (magari part time o con funzioni meramente esecutive) non accresce la capacità produttiva del professionista... ma costituisce semplicemente una comodità per lui (e per i suoi clienti)». L'affermazione di un principio contrario costituirebbe, pertanto, «una sorta di sanzione che scoraggerebbe l'assunzione di dipendenti».

Di conseguenza, per ricondurre l'imposizione a razionalità costituzionale ed economica occorre che il giudice effettui una valutazione dell'effettiva incidenza dell'opera prestata dal collaboratore, che si presenta «difficile, assai più complessa della automatica deduzione dell'imposizione da un fatto accertabile attraverso la denuncia dei redditi e i tabulati Inps».

Tale orientamento appare senz'altro condivisibile ad avviso di chi scrive, in quanto la collaborazione di un soggetto che svolge le funzioni di carattere esecutivo risulta, nella maggioranza dei casi, indispensabile per l'esercizio della professione e non in grado di costituire quel surplus di attività «impersonale e aggiuntiva», tale da incrementare l'attività produttiva. Appare, pertanto, auspicabile un consolidamento in tal senso della giurisprudenza di legittimità.

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