Medici di famiglia troppi in pensione organici al collasso anche per il 118

Le graduatorie regionali rischiano di saltare perchè i medici formati non sono sufficienti

domenica 02 luglio 2017

Repubblica Bari

GINO MARTINA QUELLO lanciato dalla Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg) è l'ultimo appello. Anzi, un allarme rosso. Il sistema pugliese della medicina generale è a rischio collasso e oltre un milione e 600mila residenti potrebbero, nel volgere di una quindicina d'anni, rimanere senza assistenza primaria. Vale a dire senza medico curante. Problema che per la cosiddetta continuità assistenziale, cioè il servizio di guardia medica, potrebbe presentarsi ben prima, nell'arco di soli cinque anni. Dove, invece, si è già in seria difficoltà è nelle postazioni del 118, con il personale medico ben lontano dal coprire la pianta organica fissata dalla Regione. La denuncia del sindacato è frutto di uno studio accurato di oltre venti pagine, con grafici e proiezioni, che evidenziano come il numero dei nuovi ingressi nelle graduatorie di medicina generale non sia affatto sufficiente a coprire i pensionamenti previsti nei prossimi anni. Rispetto alla riserva a disposizione, di circa 3 mila 800 medici, nel 2022 in Puglia potrebbero mancarne 135. Segno meno che toccherebbe la provincia di Taranto già tra tre anni, con un ammanco di 18 professionisti. Un numero che andrebbe tendenzialmente a peggiorare, svuotando per ultima la pianta organica di Bari, che si ritroverebbe dal 2025 con 31 medici in meno. Il collasso, o "crash" come lo definisce Pietro Drago, segretario Fimmg Puglia, si avrebbe nel 2031, con una carenza di 1570 camici bianchi in tutta la regione. Tra le cause, condivise anche dall'Ordine Possibile l'aumento del dato ottimale di assistiti per ogni professionista: ora la media è di mille, si passerebbe a 1.200-1.300 dei Medici di Bari, c'è quella di un'anomalia nel sistema di ricambio, nel cosiddetto turnover. Per accedere alla graduatoria di medicina generale è necessario seguire la scuola di specializzazione triennale. La Regione bandisce ogni anno, per l'accesso alla scuola, cento borse di studio. Ciò si traduce in un numero risicato di specializzati sfornati. Numero che, mediamente, si riduce di circa il 30 per cento durante il corso, per la scelta di alcuni di trasmigrare in altre branche della medicina, decisamente più redditizie (la borsa di studio per le altre specializzazioni raggiunge i 1700 curo lordi contro gli 800 circa di quella di medicina generale), stabili e con migliori possibilità di carriera (per ottenere un posto come medico di famiglia è necessario acquisire punteggio attraverso l'esperienza nel primo intervento del 118 e nella guardia medica). Per questo nei giorni scorsi le sigle sindacali hanno incontrato funzionari della Regione per sollecitare interventi immediati. A cominciare dal raddoppio del numero delle borse di studio, da richiedere al ministero della Sanità, a partire dal prossimo bando in cantiere nei prossimi mesi. L'ente condivide grossomodo la richiesta dell'aumento dell'accesso alla scuola di formazione da formulare al governo, ma esclude il pericolo che fette di popolazione possano rimanere senza assistenza nei prossimi anni. In sostanza, rivede leggermente le stime basate sulla scelta di andare in pensione a 68 anni, perché la maggior parte dei medici può e deciderebbe di andarci a 70 anni. E abbozza altre possibili soluzioni, come l'aumento del numero ottimale di assistiti per medico di famiglia (ora la media è di mille, si passerebbe a 1.200/1.300). Una misura da adottare per sei anni per porre un argine all'emergenza. "I dati dei pensionamenti - spiega Drago -, invece, devono tenere conto che, negli ultimi anni, oltre il 40 per cento ha deciso di andare in pensione addirittura prima dei 68 anni. Modificare il rapporto ottimale di assistiti può essere una misura efficace, assieme al raddoppio immediato delle borse di studio, ma solo se il medico è affiancato da personale di segretaria e infermieristico. Altrimenti finisce col fare il burocrate e non il medico". Chi, invece, risposte ne attende da lungo tempo, è il personale del 118. A cominciare dal responsabile regionale Francesco Marino, che denuncia un servizio sulla carta all'avanguardia ma sotto organico, con presidi mai aperti, come a Noicattaro, o in seria difficoltà in località, come Peschici, che d'estate raddoppiano la popolazione. Una situazione divenuta cronica in alcune province, con casi estremi. A Taranto il personale e l'intero sistema è stato processato per la morte di un bambino di 12 anni, perché l'unico medico di turno era impegnato in un altro intervento. "Dovremmo essere in 70 - spiega il responsabile Mario Balzanelli - ma siamo 40. Fui indagato anch'io, ma le mie lettere che denunciavano ogni anno la situazione mi hanno di fatto scagionato. Seguimmo tutte le procedure previste e intervenimmo nei tempi stabiliti. Ma purtroppo, non ci fu nulla da fare. Per questo i giudici, magra consolazione, ci hanno dato ragione, anche perché, a differenza del piano regionale, nessuna legge obbliga ad avere un medico sull'ambulanza. Una questione conclude - sulla quale ci stiamo battendo a livello nazionale"