Aggressioni, Scotti: «Medici siano pubblici ufficiali e la magistratura intervenga d’ufficio»

Il tema delle aggressioni al personale sanitario nelle sedi di continuità assistenziale rientra anche nei punti della pre-intesa firmata dai Sindacati con la Sisac.

martedì 06 marzo 2018

Sanita-informazione

Non c’è solo il recupero degli arretrati dei medici di medicina generale nella pre-intesa firmata dai sindacati con la Sisac. Si è anche parlato della sicurezza dei medici che lavorano nelle sedi di continuità assistenziale (ex guardia medica). «Abbiamo voluto dare un primo segnale concreto su questa questione – ha dichiarato Silvestro Scotti, Segretario Nazionale della Federazione Italiana dei Medici di Famiglia FIMMG – prevedendo che la continuità assistenziale venga svolta solo in sedi idonee».

Quello delle aggressioni subite dai medici e dal personale sanitario nel corso della loro attività nei Pronto soccorso, sulle ambulanze o, appunto, nelle guardie mediche, è un tema molto caro a Silvestro Scotti, che da tempo propone una serie di misure volte al superamento di un problema sempre più grave e preoccupante: «Un medico nell’esercizio delle sue funzioni dovrebbe essere un pubblico ufficiale – afferma ai microfoni di Sanità Informazione -. L’aggravante dell’aggressione ad un pubblico ufficiale potrebbe rappresentare un deterrente significativo per chi si appresta a commettere questo reato. Inoltre – prosegue – sostengo l’attivazione di una procedura d’ufficio da parte della magistratura. Il paradosso oggi è che il medico aggredito deve fare querela di parte, cosa che molte volte non succede perché il medico ha anche paura delle conseguenze che possano nascere. Formalmente quindi molto delle aggressioni subite dai medici e dell’aggressività di qualche paziente rimane addirittura misconosciuto. Non venendo nemmeno segnalate, non si crea quel giusto profilo di allarme che può dar vita, con gli eventi sentinella, a meccanismi volti a comprendere cosa si può fare per evitarli sul piano pratico. Dobbiamo quindi partire dal recupero delle denunce, ma senza le procedure d’ufficio penso sia piuttosto difficile riuscirci».

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Sindacati e Sisac hanno anche parlato di formazione dei giovani medici e della velocizzazione dell’accesso alla professione, costruendo le basi necessarie per affrontare una «emergenza non più rinviabile»: quella della carenza dei medici di famiglia. «Nei prossimi 4-5 anni – spiega Scotti – solo un cittadino italiano su tre avrà un medico di famiglia, vista l’attuale connotazione delle borse di studio». Un tema, questo, che «il nuovo governo dovrà affrontare, altrimenti dovrà abituarsi a dire ai cittadini che non troveranno un medico».

Fondamentale, allora, a detta della Fimmg, l’aumento del numero di borse di studio per il corso di formazione in medicina generale, anche per «risolvere la stessa esigenza delle Regioni di costruire l’area della Medicina Penitenziaria che condividiamo e su cui con le Regioni dovremmo rapidamente lavorare e trovare soluzione, augurandoci a sostegno un segnale forte anche da parte del Ministero, poiché non ci nascondiamo il problema rimangono le risorse. Noi anche – prosegue la Federazione – attraverso il nostro Ente previdenziale, l’ENPAM, siamo pronti a fare la nostra parte».

Il Comitato di Settore, che dovrà validare questi punti, è convocato per il 7 marzo, ma i segnali sono «incoraggianti». Alcune criticità «che appartengono solo al rispetto delle giuste procedure istituzionali ma che non offrono altri motivi di impedimento» potranno essere superate. «Su questo – conclude Scotti – voglio essere ottimista poiché con le Regioni e con gli uomini che le rappresentano si è ricreato a nostro avviso quel rapporto di fiducia che ci potrà permettere di migliorare i nostri risultati nel rispetto della sostenibilità del SSN come facciamo quotidianamente con i nostri pazienti».