Psichiatra massacrata in ambulatorio ora si indaga sulle denunce ignorate

la procura dovrà chiarire se la tragedia di Paola Labriola poteva essere evitata. I medici lanciarono più volte l'allarme. Il pm acquisisce gli atti

venerdì 06 settembre 2013

GABRIELLA DE MATTEIS (Repubblica Bari)


E' il secondo livello dell'indagine, quello più complesso, delicato. Perché la procura dovrà chiarire se la tragedia di Paola Labriola poteva essere evitata, se la predisposizione di misure di sicurezza avrebbe potuto difendere la psichiatra dal suo assassino. E' anche su questo che indaga il sostituto procuratore Baldo Pisani. Gli agenti delle volanti stanno acquisendo tutta la documentazione utile per capire come mai le richieste di intervento, la denuncia sui rischi per medici ed infermieri, partite proprio per sollevare il caso del centro di Salute Mentale di via Tenente Casale, non siano state accolte. E poi, allo studio degli investigatori, ci sono le cartelle cliniche di Vincenzo Poliseno, l'omicida della psichiatra, la sua storia medica.

44 anni, una vita tormentata dall'alcool e dalla droga, l'uomo ora è in carcere. "Ripete di essere confuso, di aver un grande mal di testa" racconta l'avvocato Francesco Latesoriere. Poliseno appare assente, distaccato. Non ha richieste da fare al suo legale, non prova a motivare il suo gesto, non invoca perdono. Dietro le sbarre, Poliseno continua a dire di sentirsi poco bene. Parla poco l'assassino della dottoressa, forse rimarrà in silenzio anche questa mattina davanti al gip Giulia Romanazzi, chiamata a convalidare l'arresto e ad emettere un provvedimento di custodia cautelare.

La parte dell'inchiesta che riguarda la mancata adozione di misure di sicurezza procede parallelamente. E parte da quella segnalazione, inviata alla direzione dell'Asl dal centro di Salute mentale di via Tenente Casale un anno fa. Nella struttura, punto di riferimento per il popoloso quartiere Libertà, c'è stata una aggressione. Un operatore è stato picchiato. All'interno del centro la tensione tra medici ed infermieri cresce. E nella lettera, inviata ai vertici dell'Asl proprio all'indomani dell'episodio di violenza, dalla struttura di via Tenente Casale viene richiesta l'adozione di misure di sicurezza, la presenza di una guardia giurata. E' questo il passaggio fondamentale dell'inchiesta. Questa lettera è lo spunto investigativo per capire in che modo e se l'Asl sarebbe potuta intervenire per ridimensionare i rischi che gli operatori della struttura correvano. Alla richiesta non ci fu alcun seguito. Nel centro di Salute mentale i vigilantes non sono arrivati. E il sostituto procuratore Baldo Pisani dovrà chiarire se da parte di coloro che avrebbero potuto disporre misure di protezione per i medici e per gli operatori del centro e non lo hanno fatto vi sia stato un comportamento omissivo.

C'è un particolare che la procura non sottovaluta, approfondendo il caso dell'omicidio della psichiatra: Paola Labriola ha perso la vita sul posto di lavoro. E' stata uccisa da un uomo che nel centro di Salute mentale era entrato molto probabilmente perché sperava di ottenere un sussidio. Come dire: la morte della dottoressa potrebbe essere intesa anche come un incidente sul lavoro e una delle cause, sia pure secondaria, potrebbe essere la mancata adozione di misure di sicurezza da parte del datore di lavoro. Ipotesi per il momento, scenari che il magistrato e la polizia non vogliono sottovalutare. E di "morte bianca" parla la Cgil Medici Puglia che con il suo segretario regionale Domenico Martino chiede "con incisività e rapidità, un cambiamento di rotta, che salvaguardi il lavoro e l'incolumità degli operatori, mandati in prima linea senza le dovute e adeguate protezioni".