Gentile: “Omicidio della psichiatra troppe ombre, ora voglio chiarezza”

L’assessore alla Salute ha ordinato un’indagine interna: “Verificare gli errori degli amministratori”

venerdì 13 settembre 2013

Giuliano Foschini (Repubblica Bari)

I tecnici della Asl di Bari non dovranno spiegare soltanto alla magistratura se in quel maledetto ambulatorio di via Tenente Casale, dove Paola Labriola è stata uccisa, tutto era come avrebbe dovuto essere: struttura, sicurezza, carte. Anche la Regione annuncia di volerci vedere chiaro su questa vicenda. «È chiaro che su un caso come questo anche i nostri uffici dovranno capire esattamente cosa è accaduto, perché è accaduto: ho dato mandato ai tecnici dell’assessorato di aprire un’indagine interna.

Non ci possono essere zone d’ombra in una tragedia come questa».
Assessore Elena Gentile, qualche polemica esiste già: il direttore del servizio di prevenzione, almeno sulla carta, non esisteva quando la dottoressa Labriola è stata uccisa. Era scaduto a giugno e la proroga è stata firmata solo qualche giorno fa.

«Io aspetto di leggere bene le carte. Però deve essere chiara una cosa: la politica in una storia come questa mi pare che sisia presa le proprie responsabilità, io stessa ci ho messo subito la faccia. Voglio dire, probabilmente questa tragedia non si sarebbe mai potuta evitare ma è esistito, probabilmente, un problema di sottovalutazione di un tema che invece è molto delicato qual è la sicurezza dei lavoratori nella sanità. Siamo stati presi, nostro malgrado, da questo turbine di tagli, conti, numeri. E abbiamo un po’ dimenticato invece le persone. Questo è stato l’errore della politica. Però se ci sono stati errori degli amministratori, dei tecnici, noi abbiamo il dovere di verificarli».

Che significa?
«Leggo che un medico è in ferie e per questo non è stato prodotto alle autorità competenti il documento sul rischio. Ma stiamo scherzando? Qui stiamo lavorando tutti pancia a terra, scossi davanti a un caso di questo tipo, e c’è qualcuno che ha un ruolo così delicato, importante, ed è in ferie? Bene, deve tornare immediatamente al lavoro. Lo dirò immediatamente al direttore generale, Colasanto».

Colasanto ha raccontato a Repubblica che lui aveva predisposto per quella struttura la presenza di un usciere. Che invece il giorno dell’omicidio pare non ci fosse.

«Ecco, l’assessore vuole sapere perché non c’era. E lo vuole sapere anche in tempi brevi. Chiariamoci, probabilmente nessuno avrebbe potuto salvare la vita della dottoressa Labriola perché quel signore, che come dice la Procura non è un matto ma un assassino, era uscito di casa con un coltello secondo me con l’obiettivo preciso di uccidere una donna. Io sono una pediatra di paese, non una psichiatra o una criminologa, ma mi sono fatta questa impressione. Detto questo, noi abbiamo il dovere, ora ancora di più, di non avere nessun tipo di sbavatura su un tema così delicato come la sicurezza sul lavoro. Però è anche vero che anche i nostri manager lavorano in situazioni davvero difficili».

Che significa?
«Io ho predisposto immediatamente un monitoraggio della situazione sicurezza in tutti i centri psichiatrici, come quello dove lavorava la dottoressa Labriola. Però proprio quello di via Tenente Casale aveva importanti strutture di sicurezza, dai vetri antiproiettile ad aree di filtraggio di pazienti. Quando sono arrivate le denunce di alcune di queste psichiatre, poi, proprio il dottor Colasanto si è mosso con gli uffici per dare risposte in tempi brevissimi. E in parte quelle risposte sono arrivate. Poi invece si abbatte su tutti noi una tragedia di questo tipo: non siamo spietati come ci disegnano, io quando parlo e penso a questa storia mi tremano le parole, davvero».