Mef alle Regioni: troppi costi chiudere medicine di gruppo.

A rischio investimenti per cure territoriali

venerdì 23 marzo 2018

Doctor 33 

La Corte dei Conti boccia le medicine di gruppo integrate in Veneto, ovvero quei gruppi la cui sede principale è aperta fino a 12 ore, garantiscono copertura infermieristica e persino specialistica, medicina d'iniziativa, supporto alle cronicità, prevenzione, terapia anticoagulante in studio, percorsi diabete: nulla di ciò che non avessero già iniziato a fare le Utap, ma in meglio. In Veneto sono 55, dovevano aprirne altre 31. Ma i magistrati contabili, pur dando atto alla Regione di essere non in pari ma addirittura in attivo e di garantire i livelli essenziali di assistenza, ribadiscono un concetto già illustrato dal Ministero dell'Economia a chi sostiene detrazioni e investimenti pubblici in tempi di lotta al deficit: tra le spese prive di coperture, e dunque da non farsi, rientrano gli investimenti che non hanno ritorni certi. E tra questi i finanziamenti alle Mgi. 

Nella delibera 751 del 2015 con cui regola i rapporti con i medici di famiglia attraverso contratti d'esercizio, la Regione stanzia 50 milioni l'anno per tre anni per dotare le ex Utap di infermiere più assistente di studio, indispensabili a garantire l'apertura H12 e la medicina d'iniziativa; a bilancio, per i ragionieri di Roma, la spesa si presenta addirittura minore, 100 milioni divisi su 4 anni, ma ne sono stati spesi 130. Lo sforamento di 30 milioni, in parte già ripianato dalla Regione, non si può mantenere nel tempo o far finanziare allo Stato. Risultato: la Regione dovrebbe rinunciare al progetto o ridimensionarlo, ma grazie ad esso sarebbero state "macinate" ore-lavoro pari a 4 mila unità - collaboratori e infermieri, per i quali la DGR 751 prevede persino un rapporto ottimale di 7 e 12 ore a settimana ogni 1200 assistiti- che ora rischiano il posto. 

Il rischio lo conferma il segretario Fimmg Veneto Domenico Crisarà: «Nel mirino ci sono costi di personale aggiuntivo: costi che però il Veneto prevede di sostenere per non più di tre anni, dopodiché -è scritto in delibera - il sistema inizia a produrre efficienza e si autosostiene, le spese si riassorbono e si va in attivo: questo modello di cure territoriali intende evitare ricoveri impropri, sprechi nelle cure, e dare salute. Tornare alle medicine di gruppo semplici non ci consentirebbe la stessa cosa. La spesa preventivata è 350 mila euro anno a singola medicina integrata: sono 30 milioni su 87 MGI. I medici di famiglia non prendono una lira aggiuntiva rispetto agli attuali 24 euro/assistito/anno garantiti dalla somma tra incentivi contrattuali nazionali per gruppo, collaboratore e infermiere, integrazione regionale, e 7 euro per l'adesione ai patti aziendali. Anche ammettendo, come ha fatto il Mef qualche mese fa, che spalmato su 20 regioni il modello Mgi alla veneta costerebbe 1,5 miliardi, si tratta dell'1% della spesa sanitaria pubblica più privata, un aggravio inferiore all'inflazione, che costruirebbe ricchezza evitando ospedalizzazioni improprie e aggravamenti di malattia. La domanda da porsi piuttosto è: in Italia si riescono a fare investimenti prescindendo da interessi politici e di potentati esistenti, e guardando ai soli cittadini?». 

Crisarà boccia il rifiuto concettuale del Mef di concedere risorse certe a fronte di risparmi non certi. «La stessa Corte dei Conti va dicendo che il sistema sanitario oggi è insostenibile, ma chi vede un problema e non la soluzione è parte del problema. Stiamo cercando di sostenere i Lea cambiando le linee produttive, sostituendone alcune territoriali ad altre. Ma qualsiasi azienda che cambi linea produttiva non ferma la produzione, e a maggior ragione se "fa" salute: c'è un breve periodo in cui all'investimento per la nuova linea si sommano i costi di gestione della vecchia; lo stesso stiamo vivendo noi». Gli accordi per l'autonomia firmati dal Veneto a Roma prevedono mani libere nella rimozione dei vincoli di spesa per la gestione del personale pubblico, ma sono condizionati all'approvazione di una legge in Parlamento. «Io penso all'oggi. Facendo "dietrologia" e smettendo per un attimo i panni di addetto ai lavori, osservo che in questi giorni c'è il via alla preintesa sulla convenzione, poi si ragionerà di fattori produttivi. I soldi sono pochi e il Mef che li mette sembra lanciare un primo indirizzo alle Regioni: cauti con gli investimenti per la medicina generale e il territorio. E quali alternative serie avremmo per assistere i cronici?» 


Mauro Miserendino