Il biotestamento è legge: il ruolo cruciale del medico

Le novità del provvedimento salutato con un appaluso al Senato. Il compito dei notai e le regole. No di medici cattolici e Cei

giovedì 14 dicembre 2017

Redazione Dott-Net

Con un lungo applauso liberatorio l'Aula del Senato ha salutato l'approvazione del biotestamento (clicca qui per scaricare la legge completa)  che chiude una battaglia politica e avvicina sempre più le Camere verso le urne. Ma la campagna di diritti non è ancora chiusa. Manca lo ius soli, fa notare subito Pierluigi Bersani. Mdp-LeU cerca infatti uno spiraglio per metterlo ai voti, anche se giusto ieri il sottosegretario Finocchiaro ribadiva che non ci sono i numeri per portarlo a casa.

Il Pd si gode il trionfo e preferisce non affrontare il tema ius soli escludendo la possibilità di mettere la fiducia sul provvedimento. Oggi l'Italia, dopo anni di battaglie, mesi di ostruzionismo e migliaia di emendamenti ha una legge sul testamento biologico. In questa giornata di fine legislatura, che i dem definiscono "storica per i diritti del Paese", l'euforia per il traguardo raggiunto si mischia alle polemiche su quanto approvato e quanto ancora si vorrà approvare. La commozione in Aula tra le fila del Pd e del M5s al momento del via libera definitivo del provvedimento è la stessa di Emma Bonino che, dalle tribune, abbraccia Mina Welby e i dirigenti dell'Associazione Coscioni con gli occhi lucidi. Sono 180 i parlamentari - 71 i no e 6 gli astenuti - che hanno reso possibile quello che Gentiloni definisce "un passo avanti per la dignità".

Lega e Forza Italia sono, invece, preoccupati per la "deriva eutanasica", gridano "vergogna" per aver fatto una battaglia politica sulla pelle dei malati e assicurano che la cambieranno non appena ci sarà una maggioranza di centrodestra. Non vede questo rischio il ministro della Salute Beatrice Lorenzin per la quale il biotestamento "non è eutanasia". Ma dalla Cei è chiusura totale: "Non possiamo riconoscerci in questo testo", toglie "dignità ai medici" e soprattutto nell'area cattolica si teme molto l'apertura all'eutanasia. E i medici cattolici annunciano che ci sarà "una forte obiezione alla legge".A questo punto, nell'ultimo miglio di legislatura, Palazzo Madama deve decidere su che cosa lasciare il segno. Vede ancora "margini di speranza" per l'ok allo ius soli il presidente del Senato Pietro Grasso pur ammettendo che tempi e date sui futuri lavori del Senato saranno decisi la prossima settimana dalla conferenza dei capigruppo.

Le Dat e i medici

Dalla necessità che a stilare le Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) siano persone nel pieno delle facoltà mentali, all'obbligo per il medico di rispettare le loro volontà. Ecco il vademecum per redigere un (valido) biotestamento, dopo l'approvazione definitiva della legge. -

CHI PUO' FARLO: Le persone maggiorenni e capaci di intendere e di volere. -

A COSA SERVONO LE DAT: A far sì che, in previsione dell'eventuale impossibilità di esprimersi, si possa dare il consenso, o il rifiuto, rispetto a trattamenti sanitari, esami diagnostici e terapie. -

I REQUISITI: Bisogna aver ricevuto informazioni adeguate sui benefici e sui rischi delle cure e degli esami, nonché sulle possibili alternative e sulle conseguenze del rifiuto terapeutico. -

COME SI ESPRIMONO LE DAT: Mediante un atto pubblico, o una scrittura privata autenticata, oppure con scrittura privata semplice, consegnata all'ufficiale dello Stato civile del proprio Comune di residenza, o alle strutture sanitarie. -

QUANTO DURANO: Non si prevede un termine massimo, è consentito al cittadino di fissare un arco temporale di validità e, poi, decidere se rinnovarle, o meno. -

IL RUOLO DEL MEDICO: I 'camici bianchi' devono rispettare il biotestamento: possono disattenderlo in tutto, o in parte, e solo in accordo con il fiduciario (quando la persona non è più in grado di autodeterminarsi), se non corrisponde alle condizioni cliniche del paziente, o se sono sopraggiunte terapie (imprevedibili quando sono state scritte le Dat) che offrano al paziente concrete chance di miglioramento. -

IL RUOLO DEL NOTAIO: Spetta al notaio, in caso di atto pubblico e scrittura privata autenticata, verificare che le Dat abbiano tutti i requisiti di legge.

Le novità della Legge

Le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) sono la principale novità della legge sul testamento biologico appena approvata in via definitiva dal Senato (il 20 aprile scorso era arrivato il sì della Camera). Cinque gli articoli della legge. Ecco le novità punto per punto:

IL CONSENSO INFORMATO - L'articolo 1 prevede che, nel rispetto della Costituzione, nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata. Viene 'promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico il cui atto fondante è il consenso informato' e 'nella relazione di cura sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari'.

I MINORI - Per quanto riguarda i minori 'il consenso è espresso dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore o dall'amministratore di sostegno, tenuto conto della volontà della persona minore'.

LE DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO - L'articolo 3 prevede che 'ogni persona maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso Disposizioni anticipate di trattamento, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonchè il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali'. Le Dat, sempre revocabili, risultano inoltre vincolanti per il medico e 'in conseguenza di ciò - si afferma - e' esente da responsabilità civile o penale'. Sempre questo articolo stabilisce le modalità di espressione della propria volontà: 'Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata, con sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale o da un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale o convenzionato. Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, possono essere espresse attraverso videoregistrazione'. In caso di emergenza o di urgenza, precisa inoltre il ddl, 'la revoca può avvenire anche oralmente davanti ad almeno due testimoni'.

PIANIFICAZIONE DELLE CURE - 'Nella relazione tra medico e paziente - si legge nell'articolo 4 - rispetto all'evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il medico e' tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità'.

I casi che hanno portato al provvedimento

Poter decidere quando terminare la propria vita e interrompere cosi' la propria sofferenza. E' la richiesta che in 11 anni, come un filo rosso, ha legato tanti volti che sono diventati veri e propri emblemi, da Piergiorgio Welby all'ultimo in ordine cronologico, quello del DJ Fabo. Una volonta' di porre fine "con dignita'" alla propria vita devastata dalla malattia che da oggi, grazie all'approvazione della legge sul Biotestamento, potrà essere accolta in modo certo nel quadro, appunto, di una norma dello Stato. Fino ad oggi, invece, l'ultima parola e' sempre spettata ai giudici ed ai tribunali.

Il primo a porre il tema dell'autodeterminazione del malato e della scelta sul fine-vita fu PIERGIORGIO WELBY, attivista e co-presidente dell'Associazione Coscioni. Colpito da anni dalla distrofia muscolare invio' al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano una lettera in cui chiedeva l'eutanasia. Il 16 dicembre 2006 il tribunale di Roma respinse la richiesta dei legali di Welby di porre fine all'"accanimento terapeutico", dichiarandola "inammissibile" a causa del vuoto legislativo su questa materia. Pochi giorni dopo, Welby chiese al medico Mario Riccio di porre fine al suo calvario. Riccio stacco' dunque il respiratore a Welby sotto sedazione, venendo poi assolto dall'accusa di omicidio del consenziente.

Nel 2007 fu poi il caso di GIOVANNI NUVOLI, malato di Sla di Alghero, che chiedeva anch'egli il distacco del respiratore: questa volta, pero', il tribunale di Sassari respinse la richiesta ed i carabinieri bloccarono il medico che voleva aiutarlo. Nuvoli inizio' allora uno sciopero della fame e della sete lasciandosi morire.

Ma e' nel 2009 con il caso di ELUANA ENGLARO, la giovane di Lecco rimasta in stato vegetativo per 17 anni, che il Paese si e' diviso tra i favorevoli alla volonta' del padre Beppino di far rispettare il desiderio della figlia quando era ancora in vita di porre fine alla sua esistenza se si fosse trovata in simili condizioni, ed i contrari. Varie le sentenze di rigetto delle richieste dei familiari, finche' la Cassazione, per ben due volte, non si e' pronunciata a favore della sospensione della nutrizione e idratazione artificiale.

Anche MARIO FANELLI, malato di Sla morto per cause naturali nel 2016, chiedeva una legge sull'eutanasia.

E sempre nel 2016, WALTER PILUDU, ex presidente della provincia di Cagliari malato di Sla, e' morto ottenendo il distacco del respiratore: il tribunale di Cagliari ha infatti autorizzato la struttura sanitaria dove si trovava a cessare i trattamenti. L'ultimo è il caso di Dj Fabo, morto in Svizzera nella struttura dove si è recato accompagnato da Marco Cappato dell'Associazione Luca Coscioni per ottenere il suicidio assistito.

Dj FABO (FABIANO ANTONIANI) si era rivolto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinche' intervenisse sul fine vita. A 39 anni, cieco e tetraplegico a seguito di un grave incidente stradale, chiedeva di "essere libero di morire" e giudicava "scandaloso che i parlamentari non abbiano il coraggio di prendere la situazione in mano per tanti cittadini che vivono come me". Casi ai quali si aggiungono i 5 malati che l'Associazione Coscioni ha accompagnato in Svizzera per ottenere l'eutanasia e da marzo 2015, afferma Matteo Mainardi, coordinatore della campagna Eutanasia legale, "abbiamo aiutato 233 persone a mettersi in contatto con i centri svizzeri per il suicidio assistito".

La bocciatura dei medici cattolici: sarà obiezione

"Un forte probabilita' di ricorso all'obiezione di coscienza". A prevederlo, nel giorno dell'approvazione della legge sul Biotestamento, è il vicepresidente dell'Associazione medici cattolici italiani (Amci), che conta oltre 4mila medici iscritti, Giuseppe Battimelli, esprimendo "rammarico e contrarietà" per il via libera definitivo alla norma. Una posizione espressa anche dal presidente dell'associazione, Filippo Maria Boscia, ma dalla quale si dissociano i medici cattolici di Milano, che invece "salutano con favore" la normativa approvata .

"E' chiaro che valuteremo caso per caso le volontà espresse dal paziente, ma prevedo un forte margine nel ricorso all'obiezione di coscienza da parte dei medici cattolici - ha spiegato Battimelli - anche se nella legge tale possibilità non è esplicitata chiaramente. L'obiezione di coscienza, prerogativa e valore da sempre gelosamente custodita dalla classe medica, non sembra infatti esplicitamente enunciata nel testo. Ad ogni modo, ci sarà obiezione se le richieste e le volontà del paziente si configureranno come atti che possono essere contrari alla legge o al Codice deontologico dei medici, in particolare rispetto alla eventuale richiesta di interruzione dell'idratazione e nutrizione artificiali. Tali pratiche, infatti, finchè risultano proporzionali rispetto allo stato del paziente devono essere sempre garantite al malato e non vanno sospese se dal loro stop può derivare direttamente la morte del paziente".

Infatti, rileva, "desta notevole difficoltà la definizione dell'idratazione e dell'alimentazione artificiale come trattamenti sanitari che si possono rifiutare o sospendere sempre e comunque e senza giustificazione alcuna, non tenendo conto delle condizioni cliniche dell'ammalato e se risultino utili ai benefici attesi". Ma l'Amci contesta anche un altro punto della legge: "L'esclusione della possibilità di sottrarsi all'applicazione della legge da parte di strutture sanitarie private accreditate che hanno un codice etico difforme dai principi della legge stessa, costringendole all'obbligatorietà - sostengono Battimelli e Boscia - appare francamente incostituzionale".

Ma il fronte dei medici cattolici non è unitario. Si dissociano infatti i medici di Milano che "salutano con favore" la norma e osservano che "la mediazione trovata a livello parlamentare risponde in più parti al documento promosso da Amci Milano sul tema disposizioni anticipate pubblicato nel 2009 anche sul tema alimentazione-idratazione". La legge, afferma Alberto Cozzi, presidente della Sezione Amci di Milano, "dice un no chiaro all'eutanasia e va ben oltre l'accanimento terapeutico. L'obiezione del medico non si pone perché il medico - conclude - può disattendere le Dichiarazioni anticipate di trattamento Dat quando sono palesemente incongrue".

Cei, legge inadatta ai sofferenti

"La valutazione non è positiva, non possiamo riconoscerci in questo testo". Lo dice all'ANSA il direttore dell'Ufficio Cei per la Pastorale della Salute, don Massimo Angelelli, sulla legge sul biotestamento, che a suo dire "tutela i medici sollevandoli da ogni responsabilità, tutela le strutture sanitarie pubbliche, tenta di ridurre la medicina difensiva spostando sul malato l'onere della responsabilità delle scelte, ma sembra poco efficace nella tutela dei sofferenti. Sono molte le incertezze nella applicabilità di questa legge".

"Già viene annunciato che nella prossima legislatura verrà modificato. Forse si potevano aspettare poche settimane e discutere un testo più equilibrato e condiviso". Per il capo dell'Ufficio Cei, "in questi giorni si sono susseguiti molti commenti autorevoli, dentro e fuori la Chiesa. Anche molte associazioni di medici si sono espresse con pareri contrari a questo testo di legge". "Era opportuna una legge sul biotestamento, ma questo testo è fragile, difficilmente applicabile e con molte lacune - prosegue -. A cominciare dal riscontro della veridicità delle Disposizioni del paziente nel percorso sanitario e la loro applicabilità al momento vissuto. Appare chiaro che ci saranno enormi conflitti interpretativi che diverranno contenziosi legali. La legge stessa rinvia ad un giudice la decisione di merito in caso di divergenza tra fiduciario e medico. Ma i tempi di risposta della giustizia dovranno essere adeguati ai contesti medico-terapeutici. A volte si tratta di poche ore".

Dei punti più critici, don Angelelli ne cita solo alcuni: "Mi chiedo se io, che non sono medico, ho cinquant'anni e non sono malato, sia in grado di stabilire in forma scritta quali siano le mie volontà rispetto alle molte ipotesi in cui potrei ammalarmi o potrei morire. Forse potrebbe aiutarmi un 'oroscopo'. Mi chiedo quale sarà il mio stato d'animo alla notizia che mi sono ammalato, e se sarò libero di cambiare idea nel percorso di cura".

"Oggi molti amici e familiari mi sosterrebbero nel 'combattere' contro la malattia, da domani mi potrebbero suggerire di non soffrire troppo, anche per il bene delle persone a me care, che dovrebbero vedermi morire - spiega -. Gli ospedali cattolici hanno come riferimento il Magistero della Chiesa: l'idratazione e la nutrizione artificiali non possono essere sospesi senza motivazioni cliniche. Se un paziente dovesse fare questa richiesta non si procederà. La tutela della vita è un tema inderogabile. Si inserisce una pericolosa eccezione alla libertà di coscienza e di obiezione del medico. Mi chiedo se sia legittimo dal punto di vista Costituzionale. Noi continueremo a curare le persone e a difendere la vita, in qualsiasi condizione". Don Angelelli ritiene anche che "la professione medica venga fortemente limitata. Appare come una reazione esagerata al vecchio paternalismo medico, stile dottor Tersilli di Sordi. Qui si raggiunge l'altro estremo, chiedendo alla persona malata di sostituirsi al medico nelle valutazioni cliniche. Salta il cardine di valutazione medica 'in scienza e coscienza'".

"L'unica via d'uscita - conclude - sarà recuperare una piena relazione di cura, basata su tre elementi fondamentali: l'informazione, cioè il dato clinico della patologia; la comunicazione, cioè la capacità del medico di raccontare in maniera chiara e comprensibile la situazione; e, non ultimo, l'empatia, cioè la capacità di accogliere il vissuto del malato per accompagnarlo nel cammino terapeutico. Non basta la pianificazione condivisa delle cura, serve una piena alleanza relazionale terapeutica di cura".