Tagli alle pensioni, ecco per chi valgono i contributi di solidarietà

Oliveti: «I tagli certo non si applicano alle Casse dei professionisti»

martedì 15 gennaio 2019

Doctor News

La legge di Bilancio 2019 ha introdotto tagli alle pensioni che possono arrivare fino al 40% per chi percepisce una pensione oltre i 500 mila euro annui. Si chiama contributo di solidarietà, si applica per cinque anni e scende al 15% per chi percepisce oltre 100 mila euro annui e fino a 130 mila, per salire al 25% tra 130 e 200 mila euro annui, al 30 dai 200 ai 350 mila euro, al 35% da 350 a 500 mila euro, del 40% oltre 500 mila euro. Sempre in manovra, ci sono poi i tagli alla rivalutazione degli assegni che colpiranno il recupero inflattivo (1,1%), partendo da un 3% di limatura per chi percepisce più di 1539 euro lordi mensili, tre volte il minimo Inps, per salire al 60% per chi prende oltre 4566 euro/mese. In pratica, nessun italiano è risparmiato da un contributo proporzionale di solidarietà, ma -questa la notizia che si affretta a dare Enpam- solo in ambito Inps.

Le decurtazioni dureranno cinque anni ma, come rende noto l'ente pensionistico di medici e dentisti, non si applicheranno agli assegni di questi ultimi bensì alle pensioni di dipendenti pubblici e privati, autonomi (commercianti, artigiani e coltivatori diretti), lavoratori dello spettacolo, iscritti a Casse previdenziali delle ex banche pubbliche e gestione separata Inps. Salve anche le pensioni di invalidità e quelle riconosciute alle vittime del terrorismo. «I tagli certo non si applicano alle Casse dei professionisti» afferma Alberto Oliveti, presidente dell'Enpam e dell'associazione delle casse private Adepp, partendo sia da un'analisi del testo sia da una lettura "costituzionalmente orientata". 

«Questi accantonamenti sono destinati a creare una provvista per fronteggiare i maggiori costi dovuti a Quota 100, che è di esclusiva competenza Inps, non si vede come si potrebbero prendere legittimamente risorse da altre parti». Oliveti fa riferimento alla sentenza 7/ 2017 della Corte costituzionale che un anno fa dichiarò illegittimo il riversamento di denaro allo Stato da parte delle Casse di previdenza private per effetto dei tagli imposti dalla Spending review. Per la Consulta, che si pronunciava a seguito di un ricorso di pensionati commercialisti, «la scelta di privilegiare, con il prelievo, esigenze del bilancio statale rispetto alla garanzia (per i contribuenti ndr) di vedere impiegato il risparmio di spesa corrente per le prestazioni previdenziali non è conforme né al canone della ragionevolezza, né alla tutela dei diritti degli iscritti alla Cassa, garantita dall'articolo 38 della Costituzione, né al buon andamento della gestione amministrativa della medesima». In tema di contributi di solidarietà, in queste settimane è tornata alla ribalta un'altra sentenza della Corte Costituzionale, la 173 del 2016, la quale ha dichiarato legittimi questi prelievi se fatti a scopo di riequilibrio del sistema previdenziale e di equità tra generazioni, ma non se fatti a titolo di prelievo fiscale generalizzato. Ora la Cassazione dice che sono illegittimi se introdotti dalle casse privatizzate. Come la Cassa dei commercialisti che nel 2003 introdusse per gli iscritti il "prelievo" sull'assegno pensionistico. Un prelievo che, se deciso dalle casse previdenziali e non dalla legge, non s'intende a scopo di equità ma solo in chiave anti-deficit. Cinque sentenze consecutive della Cassazione, l'ultima è la 423/19 del 10 gennaio scorso, confermano che la materia è riservata alla legge e al Parlamento, non a enti vigilati dai ministeri di Lavoro ed Economia quali Cassa ragionieri & co. Le casse -è il senso della giurisprudenza recente - hanno autonomia nel destinare i risparmi della spending review, nel determinare i contributi più bassi o più alti degli iscritti, e nel far rispettare il pro-rata che impone di salvaguardare i contributi già versati quando c'è una riforma pensionistica. Ma quando impongono un prelievo sull'assegno pensionistico maturato dagli iscritti -rileva la Cassazione anche nelle sentenze 31875-32595/2018 e 20 e 180/2019 - vanno a colpire per motivi... di cassa, indiscriminatamente, un diritto anche di quei contribuenti di cui - in nome del principio del pro-rata - dovevano invece salvaguardare i diritti. Mauro Miserendino