Fascicolo sanitario al palo

Mmg: si chiariscano responsabilità nella raccolta del consenso

venerdì 29 dicembre 2017

Doctor 33

«Il Fascicolo sanitario elettronico non decolla finché non verranno date regole indiscutibili su come raccogliere il consenso informato dei pazienti. Noi medici di famiglia siamo disponibili alla raccolta, ma per il tempo e la responsabilità che essa comporta chiediamo una valorizzazione, non in termini di denaro, ma di importanza. Com'è possibile che lo stato con una mano ci indichi come i confidenti del cittadino per questo adempimento e con l'altra ci tenga lontani da ogni competenza sulla prescrizione dei piani terapeutici di cui i nostri pazienti diabetici ed asmatici hanno tanto bisogno?» Paolo Misericordia medico di famiglia ed esperto di questioni informatiche del sindacato Fimmg riassume con ragioni legate alla riservatezza del dato sensibile dei cittadini la motivazione per cui il Fascicolo sanitario elettronico previsto dalle linee guida sull'Agenda digitale 2013-16 non è decollato negli studi dei medici di famiglia. 

«Si è provato a farlo partire in Veneto ma le note vicende di contrasto tra la Regione e i Medici lo hanno fermato e hanno messo a nudo come l'adempimento sia ancora complesso, al punto che anche dove il fascicolo è pronto come in Emilia Romagna il numero di utenze fin qui raccolte è irrilevante». Solo in altre tre regioni il fascicolo è pronto -Lombardia, Trentino e Val d'Aosta- lo è quasi in Toscana, Veneto e Sardegna mentre sono solo in partenza Piemonte e Molise. Siamo in ritardo: le linee guida sull'Agenda digitale 2013-16 prevedevano il FSE "su strada" già dal 2016, l'impressione è che si sia perso un altro anno. «Per noi medici di famiglia il problema chiave è la raccolta del consenso», chiarisce Misericordia. «Quando anni fa raccoglievamo i dati dei nostri assistiti per informatizzarli, ottenemmo di semplificare i passaggi per il consenso al trattamento dei dati di ogni paziente, anche visto che si operava nell'ambito di un rapporto di fiducia. Ma qui siamo anni luce lontani da quella situazione, in cui i dati non si spostavano dai nostri pc. Ora ci si chiede di acquisire dai nostri assistiti informazioni che saranno poi gestite, smistate e manutenute dal sistema informativo e da chi lo adopera, e si profilano responsabilità enormi. Servono inoltre un'informativa ampia e chiara in ogni punto e per ogni assistito una firma rispetto alle cui conseguenze si possa dimostrare la piena consapevolezza. Dovremmo prenderci una grande responsabilità per la raccolta di un consenso che riguarda temi di pertinenza di un intero sistema, in nome della fiducia che i nostri pazienti ripongono in noi. Perché allora non chiederci in nome della stessa fiducia di prescrivere i farmaci oggi vincolati al piano terapeutico dello specialista? Tutti ci dicono che siamo il setting elettivo delle cronicità... ma all'atto pratico non possiamo prescrivere farmaci di prima fascia ai nostri pazienti diabetici, mentre per la broncopneumopatia siamo al paradosso di dover prescrivere due principi attivi dissociati mentre il pneumologo può prescrivere l'associazione, che però è molto meno costosa e sarebbe molto più maneggevole da utilizzare». 

È chiaro che una valorizzazione in denaro si impone, ove il Servizio sanitario si affidasse ai medici di famiglia sia per il fascicolo sia per i farmaci innovativi «ma intanto è prioritario darci la possibilità di fare le cose che i nostri pazienti ci chiedono. Non siamo per nulla contrari a prenotare gli esami specialistici dai nostri studi, ad esempio, anche se è chiaro che non possiamo fare tutto da soli. Nel 2018 non ci tireremo indietro di fronte ad alcuna richiesta vantaggiosa per i nostri pazienti -dice Misericordia- ma la leva della responsabilità non va utilizzata dalla parte pubblica solo quando le è comoda e sul FSE gli ambiti di responsabilità e le regole del gioco vanno chiariti una volta per tutte». 


Mauro Miserendino