Medici e Irap, sentenze cassazione ancora contradditorie

I pareri cambiano secondo le commissioni tributarie di vario livello

mercoledì 01 luglio 2015

Doctor33

Due sentenze sull'Irap di segno apparentemente opposto, di due composizioni diverse della Corte di Cassazione, ripropongono il problema di come si deve comportare il medico, stavolta sotto il profilo del diritto tributario.

La più recente è la meno favorevole, punisce un medico che ha immobili e dipendenti per cifre modeste, ma in realtà non scende nel merito: un Mmg fa lavori nello studio nel 2002 e nel 2003 assume un collaboratore. Paga l'Irap ma nel 2004 chiede il rimborso degli anni 2000-03. L'Agenzia delle entrate si oppone per il 2003 (personale) mentre per gli anni precedenti si regola di conseguenza con giudicato interno. La Commissione Tributaria locale gli dà ragione in 1° grado e la Commissione Tributaria regionale in 2° grado conferma l'inammissibilità del ricorso in appello perché privo di motivi specifici (art 53 dlgs 546/92).

 L'Agenzia delle Entrate si ribella: i motivi specifici sono quelli del 1° grado e cioè le spese sostenute tra 2002 e 2003. La Cassazione dà ragione al Fisco: se si vuole ottenere in appello il riesame di una causa nel merito senza impugnare parti specifiche, non c'è obbligo per il ricorrente di addurre nuovi motivi. Il medico si vede dare torto e non può chiedere il rimborso delle quote versate tra il 2002 e il 2003.

 Per gli anni 2000 e 2001 invece se il rimborso spetta o no lo potrà decidere una nuova sezione della Commissione Tributaria Regionale. In realtà sembra evincersi dalla sentenza, che non scende nel merito, che in questo caso non si può sostenere che il Fisco non ha ottemperato all'obbligo di portare le sue argomentazioni e sbaglia il giudice di merito se afferma il contrario.

Più nel merito scende la sentenza della VI Sezione 11095 depositata il 28 maggio e citata sul sito www.legalcorner.it  Un medico nel 2004 versa 52 mila euro di affitto a 5 studi polifunzionali e 4 mila a consulenti ma l'anno dopo non paga Irap. Quando l'Agenzia delle Entrate gli chiede 2 mila euro tra imposta e interessi, il medico impugna la cartella alla commissione tributaria locale che lo esenta, e lo stesso fa la commissione regionale.

L'Agenzia delle Entrate chiede in Cassazione di annullare la sentenza di 2° grado, che non spiegherebbe né da cosa nascono le spese totali sostenute né perché tali spese sarebbero indispensabili per l'attività convenzionata come ha detto la Commissione regionale. Inoltre il medico non ha compilato il quadro IQ dei versanti Irap; e, se non lo si compila, la cartella del Fisco diventa inoppugnabile perché non si possono impugnare atti del Fisco che non mostrano "vizi propri". La Cassazione però rievocando sentenze del 2004 (8456), 2011 (9194) e 2014 (1263) ribatte che la cartella esattoriale può essere impugnata non solo per vizi propri ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva. Quanto al merito, il compenso per i consulenti appare modesto, mentre sul corrispettivo per canoni di locazione, "il fatto che il medico operasse presso più strutture polifunzionali non costituisce di per sé prova di autonoma organizzazione".

Mauro Miserendino